
(foto Ansa)
Il caso
Cupertino (Politecnico Bari): “Lo stop al ddl Bernini aumenta la precarietà. Faccia il suo corso in Parlamento”
Il rettore dell'ateneo pugliese risponde alle proteste dei ricercatori, che hanno messo nel mirino l'intervento (congelato) della ministra Bernini: "Il solo contratto nazionale di ricerca non basta. Ci mette fuori gioco con i nostri partner europei"
Il grande paradosso è che i ricercatori che manifestano contro il ddl Bernini rischiano di andare contro i loro stessi interessi, trovandosi in una condizione ancor più precaria. “Perché ridurre le tipologie contrattuali dei ricercatori non diminuisce la precarietà, ma l’aumenta”, dice al Foglio Francesco Cupertino, rettore del Politecnico di Bari. La posizione dei rettori, espressa in una delle ultime riunioni della Crui, infatti, è stata quella di chiedere al ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini di “andare avanti” col progetto di legge che vorrebbe aggiungere tipologie contrattuali oltre al “contratto nazionale di ricerca”, entrato in vigore come unica tipologia contrattuale attualmente disponibile. Ddl che per adesso la ministra Bernini ha congelato anche a causa delle proteste negli atenei. Dice ancora Cupertino al Foglio che “il contratto nazionale di ricerca non può essere l’unico strumento. La situazione che si è creata nella fase del pre-ruolo rende difficile anche portare a termine le progettualità europee. E il grande controsenso è che adesso cosa faccio, per tenere un ricercatore gli offro una borsa di studio che è il massimo della precarietà? E’ ovvio che il ddl è perfettibile, per esempio c’è più di un dubbio sulla figura del professore aggiunto. Ma complessivamente è meglio che prosegua il suo iter, arrivi a compimento. E poi non è detto che avendo a disposizioni queste figure contrattuali le università le utilizzino. E’ solo un’opzione in più”. Anche un rettore solitamente molto critico come quello dell’Università di Pisa Riccardo Zucchi, riconosce che “la nuova figura del ricercatore a tempo determinato e dell’assegnista di ricerca di per sé andrebbero bene, ma a fronte di un finanziamento adeguato. Anche perché delle risorse attualmente a disposizione, circa 37 milioni, noi abbiamo ricevuto cinque. Una cosa buona ma che rappresenta per adesso una specie di goccia nel mare. Bisogna fare di più per prevenire sperequazioni tra materie scientifiche e materie umanistiche, che potrebbero avere maggiore difficoltà a reperire finanziamenti”.
Il tema dei fondi, a ogni modo, non trova la gran parte dei rettori sulle barricate. E’ ancora Cupertino a spiegare il perché: “La precarietà dipende dagli investimenti nel sistema universitario. E bisogna riconoscere che negli ultimi anni sono stati fatti sforzi significativi, ad esempio sui ricercatori di tipo B”, analizza il rettore del Politecnico di Bari. Il quale non crede troppo alla retorica secondo cui si possa arrivare alla stabilizzazione del 100 per cento dei ricercatori all’interno del sistema accademico. “Quello che bisogna fare è creare opportunità. Ad esempio facendo sì che si possa avere una corsia per accedere ai concorsi della Pubblica amministrazione. Così come investire nei rapporti tra università pubblicate e aziende private. Fatto sta che la situazione attuale ci mette fuori gioco da tanti punti di vista con i nostri partner europei, che non hanno questa rigidità di sistema”.
