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L'editoriale del Direttore

Le gran trollate di Mattarella ai sovranisti, sulla difesa della patria

Claudio Cerasa

Dai dazi all’Ucraina passando per il made in Italy. Il capo dello stato ha trasformato la difesa della nostra sovranità in un’arma perfetta per far esplodere le contraddizioni dei trumpiani in Italia. Un catalogo da sballo

Il gioco ormai è collaudato e funziona grosso modo così: trasformare tutto quello che loro hanno sempre combattuto nell’unico vaccino per proteggere ciò che hanno sempre difeso e dimostrare che per difendere tutto ciò che loro hanno sempre difeso occorre guardare in faccia la realtà e smetterla di fare gli interessi degli alleati le cui politiche sono incompatibili con la difesa degli interessi nazionali. La meravigliosa modalità “troll” del presidente della Repubblica Sergio Mattarella è uno degli spettacoli più interessanti, e persino più avvincenti, presenti nella quotidianità della politica italiana. La modalità troll di Sergio Mattarella è sottile, delicata, ma diabolica, e consiste grosso modo in un’operazione che ha due sfaccettature diverse, entrambe decisamente spassose. Una prima sfaccettatura è quella che riguarda il modo in cui il capo dello stato, con sorriso sornione, cerca di utilizzare alcuni argomenti considerati storicamente come dei tabù, nel mondo sovranista, da “loro”, per spiegare qual è il modo più efficace oggi per difendere la nostra sovranità. Una seconda sfaccettatura, ancora più spietata, è quella che riguarda il metodo con cui il capo dello stato, con doppio sorriso sornione, da anti sovranista convinto e dichiarato, ha iniziato da mesi a tirare le orecchie ai sovranisti per la timidezza con cui difendono la patria quando questa viene messa sotto minaccia.

All’interno della prima categoria di trollaggi portati avanti dal presidente della Repubblica, vi sono poi due sottocategorie, emerse con chiarezza ieri durante l’ultima scudisciata mattarelliana. Una prima sottocategoria riguarda l’Europa, una seconda sottocategoria riguarda la globalizzazione. Entrambe le sottocategorie vengono evocate con una certa abilità dal capo dello stato ogni volta che si ritrova a parlare dei rischi delle guerre commerciali. Ieri, nella capitale, in occasione di un evento organizzato per celebrare i Trattati di Roma, Mattarella ha trollato i sovranisti in modi diversi e creativi. Ha ricordato loro, ai sovranisti, che per proteggersi dai dazi portati avanti dal loro paladino americano, Donald Trump, occorre non alzare i muri ma occorre chiedere la protezione dell’Europa, “che garantisce il nostro paese” (messaggio in codice: cari sovranisti amici di Trump, avete capito o no che il vostro amico americano vi costringerà a essere quello che non avete mai voluto essere, ovvero più europeisti?). E ha poi ricordato, con una forma di trollaggio superlativa, che il modo migliore per proteggere oggi il made in Italy, di fronte alle minacce dei dazi, e dunque di fronte alle minacce di Trump, non è alzare muri, costruire barriere, giocare con i dazi, provare a instaurare rapporti bilaterali con l’America, ma è scommettere su tutto quello che i sovranisti non hanno mai amato: la globalizzazione, brutta e cattiva, e il mercato, sporco e maledetto. “I dazi – ha detto ieri Mattarella – creano ostacoli ai mercati, ostacolano la libertà di commercio, alterano il mercato, penalizzano i prodotti di qualità, perché tutelano quelli di minore, e questo per noi è una cosa inaccettabile, ma dovrebbe esserlo per tutti i paesi del mondo”.

Nella seconda grande categoria del trollaggio mattarelliano, invece, vi è un elemento diverso, vi è un approccio differente, con il quale il capo dello stato costringe i sovranisti a fare i conti con i propri imbarazzi. Un primo imbarazzo, dirompente, è quello che il presidente della Repubblica fa emergere ogni volta che parla di Ucraina. C’è stato un tempo, lo ricorderete, in cui le parole del capo dello stato e quelle della presidente del Consiglio si potevano sovrapporre, quando si parlava di Kyiv. Oggi le cose vanno in modo diverso, lo sappiamo. Oggi le parole di Mattarella fanno spesso notizia, per la loro forza, mentre quelle di Meloni spesso fanno notizia per la ragione opposta. E così ogni volta che Mattarella, sull’Ucraina, parla come avrebbe parlato la Meloni di qualche mese fa, viene naturale chiedersi se la difesa del patriottismo ucraino, da parte dei patrioti italiani, sia un valore non negoziabile o perfettamente negoziabile invece sull’altare dei rapporti con il nazionalista in chief, ovvero Donald Trump. Tema anche qui evidente: per essere patrioti, in Europa, e difendere i confini della nostra democrazia, il nazionalismo modello Trump occorre respingerlo, non assecondarlo, a meno che i sovranisti non abbiano deciso che la politica estera del nostro paese debba essere poco patriotticamente dettata da un paese straniero.

Un tema su cui il capo dello stato è apparso invece ancora più esplicito è quello che riguarda un’altra questione esplosiva, un’altra forma di imbarazzo, che è quello che da mesi il capo dello stato cerca di mettere sotto gli occhi dei vecchi sovranisti, e che riguarda le conseguenze del muskismo. Attraverso questa leva, è persino spassoso osservare il modo in cui i vecchi nazionalisti vengano richiamati all’ordine dal capo dello stato, per esempio, sui temi della difesa della nostra sovranità quando si parla dei satelliti di Musk. Il capo dello stato, in questi mesi, ha utilizzato diverse occasioni per mostrare ai patrioti italiani il loro scarso patriottismo di fronte alle ingerenze della Decima Musk (sui giudici, per esempio, quando Musk ha attaccato i magistrati italiani, ma anche sui politici, ancora, quando Andrea Stroppa, l’uomo di Musk in Italia, ha fatto un sondaggio malizioso per valutare l’operato del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi). E la chiave offerta da Mattarella è delicata e convincente: ma davvero, cari sovranisti, devo essere io a spiegare a voi perché è particolarmente sbagliato affidare le nostre comunicazioni a un imprenditore straniero e perché è particolarmente sbagliato non alzare la voce quando lo stesso imprenditore straniero pretende di dettare la linea politica del nostro paese dall’alto di un suo tweet o di un suo sondaggio su X? “L’Italia – ha detto Mattarella quando Musk ha attaccato i giudici italiani, sul tema della Diciotti – è un grande paese democratico e devo ribadire che sa badare a se stessa, nel rispetto della sua Costituzione”.

Difendere patriotticamente l’interesse nazionale combattendo gli interessi del nazionalista in chief: Donald Trump. Difendere patriotticamente il made in Italy difendendo tutto ciò che i nazionalisti hanno sempre detestato: il mercato. Difendere le imprese italiane utilizzando lo scudo più odiato dai nazionalisti italiani: l’Europa. E in definitiva, mostrare i peccati, i vizi, i tabù dei sovranisti e post sovranisti al governo, in Italia, attraverso la loro difficoltà a proteggere l’interesse italiano utilizzando una leva in passato utilizzata con una certa disinvoltura: la nostra sovranità. Il trollaggio di Mattarella è uno spettacolo unico. Per i popcorn ci pensiamo noi.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.