una questione “very seria”

Franceschini il femministo, lui sì che è contro il patriarcato. Elly ora lo sa

Salvatore Merlo

Dopo il bonus facciate e la Netflix della cultura, l’ex ministro ha una nuova idea geniale: rottamare i cognomi dei padri. Ma se anche quelli vengono da un uomo? Facile, si sorteggia! Benvenuti nell’era di "Felce Selvatica"

“Ehi, io non sono come gli altri. Guardate che proposta femminista che ho!”. C’è Romano Prodi, vecchio maschio bianco che tira per i capelli le giornaliste, e che infatti critica Elly Schlein (mica un caso). C’è Luigi Zanda che è evidentemente un patriarca, e infatti dice che Schlein è inadatta a candidarsi premier (mica un caso). Poi c’è Paolo Gentiloni che è un po’ cisgender machista pure lui, e infatti vuole fare il premier al posto di  Schlein (mica un caso). E infine c’è Dario Franceschini. Ecco. Dario è diverso. Ieri, a ventiquattr’ore dall’accusa scagliata dalla segretaria contro il patriarcato nel  Pd, l’ex ministro si è alzato in piedi e lo ha detto: “Per la parità di genere i figli dovrebbero avere solo il cognome della madre. Facciamo una legge”.

   
“È una cosa semplice”, ha detto Dario Franceschini ai parlamentari del Pd riuniti in assemblea. “Ed è anche un risarcimento per una ingiustizia secolare che ha avuto non solo un valore simbolico ma è stata una delle fonti culturali e sociali delle disuguaglianze di genere”. Basta con i cognomi dei padri, niente doppi cognomi padre-madre. “Solo i cognomi delle madri”.  Lui sì che sa come si risarcisce un’ingiustizia secolare con un bonifico immediato, Dario. Lui sì che è moderno. Lui sì che è giovane. Lui sì che è vicino alla segretaria del Pd appena emersa dal mansplaining. Lui sì che non è Prodi, Zanda o Gentiloni. Genio. E noi, sciocchi, che invece all’inizio, dopo averlo sentito parlare, pensavamo di essere di fronte a un altra franceschinata. Una trovata di marketing creativo. Una cosa tipo il bonus facciate che ha sfondato il debito pubblico. O tipo il flop catastrofico della Netflix della cultura. O tipo il costosissimo portale del turismo “very bello”. O tipo il bonus 110 per cento esteso ai restauri dei castelli. O tipo l’invenzione della “biblioteca dell’inedito”, quell’escogitazione fantasiosa per la quale si proponeva a quei pochi italiani che non hanno ancora pubblicato un libro di poterlo fare a spese dello stato. No. Questa dei cognomi non è una franceschinata. E non solo perché quelle costano tanti soldi pubblici e questa invece è gratis. Questa è una cosa seria. Anzi, “very seria”.

  

Egli, Dario, non è solo un inguaribile sognatore, ma è anche – soprattutto – un fine stratega politico. In un colpo solo si è infatti messo dalla parte giusta della storia. Del tempo. Della biologia. E soprattutto del partito. Il primo che passa e gli dice “vecchio fossile del patriarcato” verrà smentito all’istante. Sicché noi poveri mortali gli battiamo le mani, mentre ci prepariamo a ribattezzare i nostri eredi con il nome della mamma. Certo, resta il problema che i cognomi delle madri sono quasi sempre cognomi di padri, tramandati da nonni, bisnonni e trisavoli. Tutti maschi. E insomma, malgrado gli sforzi di Dario, si rischia che il grande piano di liberazione non sia altro che un giro in tondo nel parcheggio del patriarcato. Ma sono dettagli. Immaginiamo che nello scrivere la legge Franceschini ci avrà già pensato. Per evitare i cognomi maschili tramandati ingiustamente nei secoli si potrebbe, per esempio, verificare l’origine di ciascun cognome, e mantenere poi solo quei cognomi che effettivamente derivano dal matriarcato. Un cognome di donna per tutti. Non è impossibile.

 

Immaginate la scena. Uffici anagrafici trasformati in set di “Chi l’ha visto?”, con impiegati esausti che urlano: “Signora Bianchi, ci serve il Dna per verificare se il suo cognome è abbastanza materno, questo sa troppo di patriarca del 1200”. E poi, i risultati: “Spiacente, il suo ‘Rossi’ deriva da un tale Giovanni Rosso del Medioevo, che peraltro faceva cucinare la moglie e la trattava come una serva. Non vale, ripassi tra un secolo”. Qualcuno dirà che qui ci vuole un’équipe di storici per ogni nascita. Ma non è così. Semmai il problema potrebbe risiedere nella penuria di cognomi matriarcali. Insomma di cognomi puri. Potrebbero non essere abbastanza per tutti. Ebbene, in questo caso immaginiamo si possa ricorrere al sorteggio. “Congratulazioni, suo figlio si chiamerà Felce Selvatica”. Dario troverà il sistema. Ne siamo certi. E così, alla fine, con un cognome materno e un colpo di teatro troveremo Franceschini unico maschio cisgender e boomer al fianco di Schlein, come la bionda della Peroni: “Chiami Dario, sarò il tuo femministo”.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.