Il racconto

Il caporal Salvini entra in modalità bombardamento. Non si fermerà dopo il Congresso. Insiste su Vannacci vice

Carmelo Caruso

Pronto un lodo per nominare Vannacci vice, anche senza tessera, il partito si dilania al nord sul generale. Ora la lotta è contro l'Olanda e ancora contro Tajani

Per integrare il generale, si perde la brigata. Perché Salvini non smentisce la nomina di Vannacci, a vicesegretario della Lega? Perché non usa la formula “i soliti retroscena”? Non la usa perché il suo piano è arruolarlo, farlo caporale. Non la usa perché Salvini stesso confessa: “Voglio che si senta a casa, serve parlamentarizzarlo nella Lega”. Per coccolarlo, ma in realtà ridurlo, vice ad personam, si ragiona su una mozione al congresso che permetta la nomina senza la tessera Lega. L’idea che Salvini possa farsi moderato, dopo il cinque  e sei aprile, vale come un oroscopo scritto da Trump. Desidera  le terre rare di Vannacci e Tajani è la sua  Groenlandia. 


Non è un modo di dire. Salvini rischia davvero di arruolare un generale ma mettere in fuga la brigata, i leghisti di Veneto, Lombardia, i soldati semplici che non hanno mai amato Vannacci e che da settimane si domandano: “Ma lo fa sul serio?”. Sono angosciati dall’innesto,  e spaventati dal Salvini dopo Salvini, quello che verrà dopo il sei aprile, quello già si dice “sarà dell’ultimo giro”, il Salvini in versione panamense, l’ananas di Trump. Quando il Foglio ha raccontato che Salvini si era deciso a nominarlo vicesegretario, cambiando lo statuto, prevedendo quattro vice anziché tre, tutti hanno risposto che “era impossibile, Vannacci non ha la tessera”, come se una tessera sia da ostacolo a Salvini che si fa ancora chiamare “capitano” e all’altro che parla in pubblico come alla scuola cadetti. Il congresso della Lega, del 5 e del 6 aprile, che, scritto senza spirito, dei congressi non ha nulla ma delle parate tutto, si celebra con un solo candidato e per mozioni, che non sono altro che dichiarazioni di intenti. Non ci sarà il voto, segreto, il segretario eletto potrà dire: “Faccio questa mozione mia”, che è come sostenere, “va bene, questa mi piace, ne tengo conto”. Una mozione l’ha presentata il vicesegretario Alberto Stefani, un’altra l’ha preparata il capogruppo Molinari, che parla di stati federali europei, un’altra ancora Toccalini e ne stanno arrivando di Gava, Siri, dei ministri, insomma, una corsa a segnalare: “Capo, capo! Anche io ho un’idea”. L’unico modo per capire il peso delle mozioni è studiare le firme, quanti delegati sottoscriveranno quella di Stefani o l’altra, quella di Molinari. La novità è che se ne prepara ancora una, minore, una sorta di emendamento, per consentire al segretario federale di nominarsi il quarto vice, che non deve essere iscritto al partito, un vicesegretario ad personam. E’ il lodo Vannacci e serve, lo spiega Salvini, “perché nessuno scriva più che Vannacci si farà un partito”, “è un modo per parlamentarizzarlo”. Se è così certo che il partito si adeguerà alla sua decisione, su Vannacci, perché non prevedere che “il lodo” possa essere votato a scrutinio segreto? Nella Lega solo Borghi apprezza Vannacci. L’europarlamentare Susanna Ceccardi, sempre al Foglio, ha dichiarato: “Vannacci non sa come si sta in un partito”. Cosa accade se Vannacci, lo scomposto, diventa vice federale? C’è un intero nord di amministratori convinto, e basta andare da Fedriga, fra i leghisti del Friuli-Venezia Giulia, che Vannacci valga mezzo milione di voti, ma che se “entra nella Lega, rischia di farne perdere il doppio”. Qual è stato finora l’effetto della campagna pro Trump e pro Vance di Salvini? I sondaggi che hanno in mano i leghisti dicono che non funziona. Meloni, furbissima (che gli sta per mandare ai Trasporti, come viceministro, Salvatore Deidda) non sopporta che qualcuno possa dare a un europeo, e quindi a un italiano del “parassita”. Quale sarà la linea dei leghisti: “Facciamoci dare dei parassiti così gli americani ci fanno lo sconto?”. Un ministro come Calderoli che nella Lega vale quanto Bossi, per fatica, vita spesa, è rimasto sorpreso dalla decisione di Salvini di intestarsi il logo della Lega. Claudio Durigon che ha sempre detto “seguirò Matteo, fino alla fine” è sempre stato tiepido su Vannacci, rispettoso, certamente, ma mai caldo. Durigon è in battaglia al sud perché quel Bellomo, quel deputato strappato da Forza Italia alla Lega, valeva come Elena per Menelao, era il portatore di voti del senatore Marti, la Lega Frisella, e tutti, al nord, dopo il ratto, hanno capito: “L’idea che al sud i leghisti hanno i voti, sono uniti, da oggi vale meno”. Vannacci e il suo mezzo milione di preferenze, ma in un altro tempo storico (se lasciasse la Lega e facesse il suo partito, chi lo dice che valga ancora mezzo milione?) dicono che faccia iscrivere i suoi fan, quelli dei comitati alla Lega: “Tesseratevi”. Non si può neppure dire  che voglia prendersi il partito, per lui fare il vice di Salvini è un demansionamento, un generale sotto un capitano, non una promozione. Sarà solo un dolore della Lega, un altro. Dopo la Germania, Salvini chiederà ai suoi di parlare male dell’Olanda, del loro fisco. Non è per il riarmo, ma chiama alla sua destra un generale, bombarda Tajani city. La sua pace resta la fondina.

Di più su questi argomenti:
  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio