Elly Schlein (Ansa)

Passeggiate romane

Il nervosismo nel Pd c'è, la voglia di creare una fronda no

Schlein non ha gradito le parole di quelli che nel suo entourage vengono ormai chiamati i “vecchi”, da Prodi a Gentiloni e Zanda. Mentre i riformisti, che spesso non condividono la linea del partito, temono ripercussioni, consapevoli che alle prossime politiche spetterà alla segretaria fare le liste

Raccontano che in questi giorni l’atmosfera al Nazareno non sia delle più distese. Dal “famigerato” voto all’Europarlamento sul Rearm Europe, Elly Schlein è di cattivo umore. E non fa niente per nasconderlo. Ce l’ha con Pina Picierno, sì, che non smette di cannoneggiarla un giorno si e l’altro pure, ma ce l’ha soprattutto con quelli che nell’entourage della segretaria vengono ormai sprezzantemente chiamati i “vecchi”. Cioè Romano Prodi, Paolo Gentiloni e Luigi Zanda. La leader del Pd sa bene che, soprattutto con il primo, non può polemizzare apertamente perché nella mente di molti elettori del Pd (la cui età media, nonostante gli sforzi di Schlein, continua a restare alta) l’ex presidente della Commissione europea è ancora il padre fondatore dell’Ulivo, il simbolo del centrosinistra che riesce a battere il centrodestra. Però la segretaria del Pd sa bene che Prodi, come gli altri “vecchi”, non la ritiene adatta a fare la candidata premier e questo non lo può sopportare. 

Perciò ha scatenato parlamentari dem e giornali amici per dimostrare che contro di lei c’è la congiura dei “maschi” che non sopportano l’idea che a guidarli sia una leader femmina. Di qui il profluvio di interviste sull’argomento. Giorni fa, all’Auditorium di Roma, durante la presentazione del libro di Cecilia D’Elia, "Chi ha paura delle donne", ogni parlamentare dem che saliva sul palco inveiva contro i maschi anziani che vogliono arginare il potere femminile, e Schlein, in platea, sorrideva, annuiva e applaudiva. Il suo, a dire il vero, non è uno schema nuovissimo. E' lo stesso, nota qualche parlamentare dem, che applicò Giorgia Meloni quando si sentiva ancora insicura e insisteva sul fatto che tutti ce l’avevano con lei perché era la prima donna a sedere sulla poltrona di Palazzo Chigi. Alla premier quel tipo di vittimismo ha portato bene, Schlein si augura di avere la stessa fortuna.

Dunque con i “vecchi”, la segretaria del Pd sembra propensa a destreggiarsi così, senza mai uscire troppo allo scoperto nella polemica e affidando ad altri la sua difesa. Ma Schlein si rende conto che anche all’interno del Pd c’è chi fa sponda con Prodi e, soprattutto, con Gentiloni che viene visto come il possibile futuro candidato premier di un centrosinistra mondato dagli estremismi. Inizialmente la leader dem aveva pensato di andare alla resa dei conti, approfittando della sua posizione di forza dentro il partito. Poi si è resa conto che le regole dello statuto Pd sono arzigogolate e farraginose e che prima di arrivare a un congresso le ci sarebbe voluto troppo tempo. Perciò ha rinviato quel chiarimento a dopo, ma non ha certo mollato la presa. Siccome un candidato alternativo come segretario non è alle viste (Gentiloni non si farebbe mai coinvolgere in questi giochini) tutti sanno che sarà Schlein a fare le liste elettorali per le prossime politiche e la leader dem sta facendo pesare questo suo potere presso i riformisti. I quali, salvo rare eccezioni, non sembrano intenzionati a perdere il seggio pur di muoverle guerra. Perciò più d’uno di loro, invitato al congresso di Azione, si è guardato bene dall’andarci. All’appuntamento si è presentato solo chi sa di non dipendere dalla segretaria. E, cioè, Pina Picierno, Lorenzo Guerini e Paolo Gentiloni (anche il capogruppo al Senato Francesco Boccia era ospite dellassise di Carlo Calenda, ma era andato lì in rappresentanza della leader dem). Gli altri hanno preferito declinare l’invito, terrorizzati delle possibili conseguenze.

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