
(LaPresse)
retroscena
Il Salvini di terracotta. Dimentica il Ponte e fa attaccare ancora Piantedosi (che coccola al telefono)
Salvini vuole tornare al Viminale, dimenticando il Ponte sullo Stretto. Al Mit gira una frase: “Ha capito che non potrà tagliare il nastro e taglia la corda”. Il "veto" del Colle
Tradimento fu! E ora come la mettiamo con il Ponte sullo Stretto? Salvini sta straziando il cuore di Sicilia e Calabria. Vuole tornare al Viminale ma si dimentica la grande opera. La prima pietra? E’ prevista per l’estate 2025, ma ci sono i calcinacci. La promessa? “Dopo 52 anni di parole, l’obiettivo è aprire i cantieri nel 2024”. Il miracolo è già in ritardo come i treni. Al Mit ecco la frase che gira: “Ha capito che non potrà tagliare il nastro e taglia la corda”. Il modellino del Ponte che si portava anche a letto non si vede più. Sergio Mattarella, che è siciliano, direbbe, “ma cu tutti i problemi che avemu, u Viminali?”. I muratori di Meloni, di FdI, una soluzione ce l’hanno: “Se Matteo continua lo lasciamo in tangenziale e sfrecciamo al voto con Tajani e Calenda. Sistemiamo la legge elettorale e via. E’ un’occasione, un centrodetra più stretto, ma senza estremi”. Salvini resta sul ferribotte. Salvini non si rassegna. La mattina fa chiedere ai suoi il Viminale, ma il pomeriggio telefona a Piantedosi, lo coccola, gli spiega che è solo un problema politico. Tajani sommessamente dice che non è il momento di parlare di poltrone e Salvini la risolve con una nota, fonti, per dire che “il feeling umano con Piantedosi non verra meno”, che la richiesta è solo “costruttiva”, non porta “problemi al governo”. Se lo dice lui.
A Firenze, al congresso Lega, i manovali di Salvini hanno confidato: “Matteo soffre. E’ convinto di aver subìto un torto da Sergiuzzo Mattarella per il veto sul Viminale, ma ora che è stato assolto, perché il fatto non sussiste, è giusto che ci torni”. Quel galantuomo del ministro Piantedosi, che è volato anche a Palermo, al processo, per testimoniare a favore di Salvini (ah! cuore ingrato) ripete sempre che lui “è un uomo delle istituzioni”. La traduciamo noi in lingua da cantiere: se serve io me ne vado. Meloni che quando sente la parola rimpasto si fa il segno della croce comincia a capire che Salvini si è stancato del Lego Ponte sullo Stretto (da 0 a 52 anni) ed è tornato a usare lo Zippo color Papeete. Dalle parti del Quirinale, una tenda di vecchi democristiani che conosce bene come va il mondo, e l’Italia, ricordano che i governi democristiani cadevano così, con un pretestuccio, e che se Meloni vuole il rimpasto o sostituire Piantedosi libera di farlo, e che Mattarella si riserverà di valutare. La sintesi è: non strattonate il presidente.
In quella oasi di calma, serenità e datteri siculi, il Colle, ricordano ancora, con allegria, le ultime manovre di Salvini, quelle del 2019, quando mandò a schifìo la loro estate e le vacanze a Favignana. Si pensa pure che l’azione di Meloni venga “inquinata” da queste uscite. In sintesi-sintesi: amabile Meloni sono problemi vostri. Al casello Salvini-Reggio Calabria, i leghisti ci spiegano che il mandato “Viminale, Viminale!” è del capo rieletto segretario, Salvini Xi Jinping, fino al 2029. Insomma, non si dica che nella Lega si guidi in stato d’ebbrezza. Il vicesegretario della Lega, Claudio Durigon, che usa le cinture di sicurezza anche quando siede sui sedili posteriori, ha appena dichiarato ad Affari Italiani che Salvini deve tornare al Viminale in un momento “di grande insicurezza del paese e di immigrazione clandestina ancora troppo fuori controllo”.
Ovviamente, sia detto con rispetto, anzi, in punta di deleghe, chi è il sottosegretario all’Interno che ha la delega all’immigrazione? E’ quel gran genio del suo amico, di Salvini, il leghista, squisito, Nicola Molteni. Mesi fa c’è stata un’altra intemerata contro Piantedosi, e lo scrisse il Foglio, sempre della Lega, di Armando Siri. Allora, Siri protestava contro una circolare del Viminale, una stretta alle key box dei B&B, peccato che la norma si rifacesse ai decreti sicurezza di Salvini. Ma Salvini deve tornare al Viminale perché, come ormai sappiamo, “se non fosse stato per Mattarella…”. Una prova? Prima dell’approvazione in Cdm dei decreti Sicurezza, Andrea Crippa, l’altro vice di Salvini, dice che la versione è stata “edulcorata” da Mattarella. Viene approvato il testo e Molteni, che ha la delega all’immigrazione (che sarebbe “fuori controllo”) dichiara che il testo è bellissimo, voluto dalla Lega. Se Salvini fosse al Viminale, a leggere le dichiarazioni dei suoi, dovrebbe sospendere la patente per guida contromano. Ma per fortuna c’è Piantedosi che Salvini ha voluto trascinare a Napoli, per l’evento Lega, presentandolo come un fenomeno, ministro che ora vorrebbe candidare governatore in Campania.
I napoletani, per prossimità vicini a Calabria e Sicilia, gli spontati, i senza ponte, si domandano a questo punto o ponte: “Perdonaci, Salvini, ma se il nostro Claudione Durigon, il leghista più amato al sud, dice che l’immigrazione è fuori controllo perché ci dovresti mandare Piantedosi a governare?”. Gli elettricisti che devono illuminare il Ponte sullo Stretto direbbero: chiaro caso di corto circuito. Piantedosi, che per Meloni, e per l’opposizione, adesso è Untouchables come Sean Connery nel film di Brian De Palma, dice che se deve il fare il presidente di qualcosa è solo “dell’Avellino calcio”. Andrea Casu del Pd, che da mesi insegue Salvini e Musk, propone il fermo amministrativo, “né al Mit né al Viminale, ma Salvini fuori dall’esecutivo”, soluzione che non tiene conto delle speranze del Mezzogiorno. Scriveva il filosofo Nietzsche che la grandezza dell’uomo è di “essere un ponte e non uno scopo”, ma se Salvini non costruisce il Ponte sarà grande il giramento di “cabbasìsi”, un caso per il Commissario Piantedosi, titolo: “Il Salvini di terracotta”.