Il caso

Speranze e timori per il viaggio di Meloni da Trump. E in FdI c'è chi dice: "Meglio se vinceva Kamala..."

Simone Canettieri

Governo e Fratelli d'Italia in balia del presidente americano. Ciriani: "Abbaia ma non morde, sono di destra ma non sono trumpiano". Tajani: "Giorgia andrà da lui con la schiena dritta". Poi arriva la sospensione dei dazi con la riduzione al 10 per cento. Giorgetti in contropiede: "Che dire? Apprezzo questa decisione"

“Io sono di destra, ma non sono trumpiano, trumpiano è un aggettivo”. Luca Ciriani, ministro di Fratelli d’Italia, si interroga, come tutti nel suo partito e nel governo, sulla visita di Giorgia Meloni da Donald Trump. La giornata   inizia con le parole del presidente americano sui paesi che lo cercano “per baciargli il culo” e trattare sui dazi. La frase così sprezzante e poco regale, nel giorno della visita di Carlo e Camilla d’Inghilterra in Parlamento, diventa un tormentone. E contribuisce ancora di più ad allargare il fossato tra i conservatori italiani e il tycoon a briglia sciolta. Tanto che un ministro candidamente ammette in Transatlantico: “Se avesse vinto Kamala sarebbe stato meglio, con il senno di poi”. Bingo.  L’uscita di Trump  spiazza tutti. Hai voglia a parlare di “viaggio della speranza”, come lo chiama il ministro Francesco Lollobrigida. La paura che la visita di Meloni alla Casa Bianca, per quanto preparata, si trasformi in uno show nello Studio ovale c’è. Il precedente clamoroso del presidente ucraino Zelensky sta lì, a portata di smartphone. In serata ecco la mezza svolta.


Antonio Tajani, in partenza per l’India per esplorare nuovi mercati, a proposito della variabile impazzita dell’inquilino della Casa Bianca dispensa ottimismo: “Non viviamo di provincialismo: è un problema che interessa il mondo intero e che riguarda l'Europa. Non è che non parliamo più con gli americani”.

Ma Trump ha detto quella frase così violenta e diretta. Ancora il vicepremier: “Conoscendo il carattere della Meloni... non è certamente una persona che non va a schiena dritta a parlare. L’avevo sempre detto che la trattativa va fatta schiena dritta. Così l’abbiamo sempre fatta”.  

In un pomeriggio così, il più ricercato dai cronisti è Andrea Di Giuseppe, parlamentare di FdI eletto in America e “amico” – categoria molto in voga ultimamente – di Trump. Maneggia una cartellina con lo stemma dell’Amministrazione americana. Fa il prezioso. Domenica partirà per Miami ma non è escluso che segua in qualche modo la missione della premier il prossimo 17 aprile. “Sarà una visita importante per l’Italia e per l’Europa”, taglia corto sibillino. Il fatto è che nessuno o forse in pochi sono in grado di capire il punto di caduta di questo viaggio. In queste ore ci sono ministri con una lunga storia a destra spiazzati da Trump e che si meravigliano per questa svolta così muscolare e senza raziocionio: danno la colpa all’età. 

Ancora Ciriani: “Non credo che una missione di questo genere non sia anticipata da un lavoro diplomatico svolto dai rispettivi sherpa, non si va al buio. Anche se penso che spararsi addosso non convenga a nessuno perché poi può partire un proiettile”. La sensazione d’impotenza domina la classe politica italiana. Quella che sta al governo, figurasi chi siede all’opposizione. Alle 19.40 le agenzie battono la decisione di Trump: una pausa di 90 giorni ai dazi reciproci, con un’aliquota solamente del 10 per cento, per gli oltre 75 Paesi che hanno contattato gli Stati Uniti e che non hanno risposto alle tariffe Usa.

E’ un colpo di scena che piomba a Roma mentre due ministri interessati alla faccenda, come Giancarlo Giorgetti e Francesco Lollobrigida sono in conferenza stampa. “Prendo atto dell’iniziativa di Trump, che apprezzo, vedremo”, non si sbottona il titolare dell’Economia. Si naviga a vista. Giorgetti si dice “ottimista e razionale” e “di non basare tutto su ciò che succede in borsa”. Il ministro leghista spera che tutto quello che sta accadendo porti a riscrivere le regole del commercio globale. Ma che caos, la sorpresa coglie con il sorriso Palazzo Chigi, rimasto all’oscuro. L’instabilità fa oscillare tutto e tutti. Elly Schlein dall’opposizione prima dell’intervento di Trump aveva lanciato per oggi una serie di incontri con Confindustria e parti sociali per approfondire le conseguenze economiche e sociali della crisi provocata dai dazi e confrontarsi sul Def. Alle 9,45 incontrerà al Nazareno una delegazione della Cgil, alle 11 la Uil mentre alle 13,30 sarà la volta della Cisl.  Gli incontri proseguiranno nella mattinata di lunedì con rappresentanze  del mondo dell’agricoltura, di artigiani e commercianti e dei cooperatori. Ma ora cosa succede il 17 aprile alla luce di questa sospensione? Ciriani, senza essere a conoscenza della svolta, aveva parlato nel pomeriggio di una trattativa multipla: “Gli Usa non sono più i padroni del mondo come trent’anni fa, ora tutto è molto più connesso, gli effetti sono imprevedibili, la Cina è un gigante. Si spera di arrivare a una intesa su più tavoli: ci sono i soldi per la Nato, i dazi, gli investimenti, l’energia. Spero che si possa arrivare a un riequilibrio generale dei rapporti tra Ue e Usa, speriamo sia solo un abbaiare molto forte e che non morda”. 
La buona notizia della sospensione delle tariffe per novanta giorni con una riduzione temporanea al 10 per cento è la pallina in un flipper che nessuno riesce a controllare e decodificare. Le polemiche sul viaggio di Meloni rimbalzano a Parigi con preoccupazione su una possibile divisione dell’Ue, ma poi tornano indietro scacciate dalla precarietà del momento. “Servono mente fredda e interventi chirurgici”, dice ancora Giorgetti. Ma sono enunciazioni di principio. Il viaggio di Meloni è di nuovo tutto da ricostruire, ma si parte almeno da una lieta (mezza) novità.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.