
Il racconto
Zaia prova a tenere aperte tutte le vie: ministro, Coni, sindaco di Venezia. Ma l'obiettivo è la presidenza Eni
Dopo la bocciatura della Corte si apre il caso in Veneto e si ragiona sul suo futuro. L'idea di una lista Zaia piace poco a FdI. L'ipotesi di una nomina nella partecipata del Cane a sei zampe, protagonista del Piano Mattei
E’ il più siciliano dei veneti e dunque il passo “mai più lungo della gamba”, la domenica, a pranzo, da mamma Carmela, il parlare per metafore, perché per Luca Zaia, come per Verga, vale il proverbio “casa quanto ne hai e terra quanto ne vedi”. Solo che lui vede Veneto anche a New York e il prosecco è il suo Pacifico. Ora che non si può ricandidare, dopo la sentenza della Consulta, dice che resta “il tema politico”, e che nel paese c’è “ipocrisia”. Meloni e Salvini gli hanno sempre chiesto: “Cosa ti piacerebbe fare?” e lui ripeteva: “Farmi votare dai veneti”. Gli propongono la presidenza di una partecipata, Enel, Fincantieri, ma Eni è la sua preferita perché il Cane a sei zampe somiglia al leone di San Marco.
In uno dei Federali della Lega era stato Salvini a spiegargli: “Lo vuoi capire che il quarto mandato non lo vuole nessuno? Non lo vuole Meloni, non vuole Schlein, che devo fare?” e Zaia rispondeva: “Guarda che se perdiamo il Veneto, si perde la Lega”. Da mesi ne fa un caso di diritto, come quelli civili, perché in Veneto “noi siamo avanti”, perché in Veneto, “nel mio Veneto…”. Raccontano a Venezia che c’è uno Zaia ministro dell’Agricoltura, nel governo Berlusconi, ministro eccezionale, che non è mai stato ricordato neppure dallo stesso Zaia, perché “Luca non si è mai pensato lontano da qui, non ci riesce. E’ il dramma di chi ha un talento e si è convinto di avere solo quello”.
La prima volta che andò alle Nazione Unite, da ministro, un ambasciatore si era permesso di suggerirgli quali parole usare, ma Zaia, e non era ancora il governatore eletto con quasi l’ottanta per cento dei voti, gli replicò: “Caro ambasciatore, prima si candidi e poi mi suggerirà cosa devo dire”. A differenza di De Luca, che ha avvisato “sempre da me dovete passare”, a Zaia non gli passerà, ma sa dissimulare. A Bassano del Grappa, il giorno dopo la sentenza, ha dichiarato “ne prendo atto” e si è detto felice per il suo amico Maurizio Fugatti, che a Trento, dove lo Statuto è speciale, è riuscito a ottenere quello che a lui e a Vincenzo De Luca viene vietato. A Roma, alla Camera, Stefano Candiani, leghista, dice invece che è un cataclisma, “un cambio generazionale” e inevitabilmente “in Veneto nulla sarà come prima. E’ come in agricoltura. Una pianta è stata recisa e ora dobbiamo seminarne un’altra ma servirà tempo perché cresca”. Il senatore Luca De Carlo di FdI, che da mesi viene candidato per il dopo Zaia, si fa prudente, accorto, e dice che adesso “è il momento di occuparsi di dazi” e che sarà poi “il tavolo nazionale a decidere la figura migliore per guidare la regione”. Questo sabato in Veneto, in provincia di Vicenza, si parla già di “Obiettivo 2030” e ci saranno De Carlo, Antonio De Poli di Noi Moderati, Alberto Stefani, il vicesegretario della Lega che per tutti è il naturale sostituto di Zaia, il Calderolino, il leghista tutto autonomia, statuti ed enti locali. Sono convinti, a destra, che Meloni, magnanima, per blindare il governo, lascerà il Veneto a Salvini in cambio della Lombardia, ma quanto vale la Lega, in Veneto senza Zaia? Viene data al 10 per cento che diventa trenta con una lista Zaia ma la premier potrebbe chiedere che la lista Zaia non si faccia anche perché Zaia vuole tenersi aperte tutte le possibilità. Non esclude di candidarsi e fare il vicepresidente del Veneto ma chi accetterebbe di fare il presidente di Zaia vice? Circola il nome di Matteo Zoppas, l’imprenditore, ma si tratterebbe di un civico e non andrebbe bene alla Lega. E’ da quando il terzo mandato è stato bocciato, da Meloni, prima della Corte, che cercano un lavoro per Zaia come lo cercavano a Mario Draghi e come lui, Zaia risponde: “Io un lavoro me lo so trovare”. E’ stato candidato al Coni ma l’obiezione è che dovrebbe essere votato dalla federazioni e che Giovanni Malagò piuttosto si incatena a Messina. C’è chi propone a Meloni di usare Zaia in funzione anti Salvini e di farlo subito: “Perché non indicare Zaia al posto di Piantedosi al Viminale anche solo per ridimensionare Salvini?”. A Venezia ora che l’ipotesi terzo mandato non c’è iniziano a dire che “l’ipotesi del ministro non è da scartare”, come non è da “scartare la candidatura a sindaco di Venezia”, come non è da scartare “la nomina in una partecipata. Perfetta sarebbe la presidenza di Eni”. La prima che si libera è Fincantieri che rinnova il suo cda il 14 maggio, ma le liste saranno depositate il 18 aprile. Il presidente è l’ex ragioniere dello stato, Biagio Mazzotta, che ha lasciato con ricompensa la Ragioneria, ma restando in aspettativa. Mazzotta potrebbe benissimo tornare al Mef, ma Zaia deve ancora concludere il mandato. L’anno prossimo si liberano Enel, Leonardo, ed Eni, e viene dato per certo che Meloni intenda riconfermare gli ad, Descalzi, Cattaneo e Cingolani, tre scelte che si sono rivelate vincenti. Restano le presidenze che sono posizioni remunerate e speciale è quella dell’Eni. Per una regola non scritta è sempre stata affidata al comandante uscente della GdF, ma Meloni ha fatto del Piano Mattei la sua scommessa e potrebbe spezzare, così come accaduto con i Servizi segreti, un altro automatismo. Chi lo dice che sia una sconfitta? La Consulta avrà fatto un torto ai veneti ma un gran regalo a Meloni e Zaia. Lei avrà un leader leghista libero, con la partita iva, l’altro può mettersi in viaggio come Corto Maltese che partiva da Venezia per tornarci finalmente “senza mappe, bagagli, né obblighi”.



FdI con Trump? Kiss my ass