
Veneto per Lombardia
La condizione di FdI per lasciare alla Lega il dopo Zaia è prendersi il Pirellone. Si pensa a Pasini
L'accordo dovrebbe essere una clausola di una maxi intesa su le elezioni amministrative dei prossimi due anni. Ma il segretario lombardo del Carroccio Massimiliano Romeo al Foglio dice: "La Lega deve mantenere la guida delle regione che governa. Squadra che vince non si cambia"
Quando a fine 2024 fu eletto segretario regionale della Lega, Massimiliano Romeo lo disse subito: la Lombardia non si tocca. E oggi che si comincia a parlare dell’accordo tra le forze di maggioranza sul Veneto, parlando con il Foglio, il capogruppo leghista al Senato lo ribadisce: “Siamo un partito territoriale e dunque è giusto che la Lega mantenga la guida del regioni che governa adesso. Squadra che vince non si cambia, in Veneto come in Lombardia”. Anche se cambiano i rapporti di forza dentro ai partiti della maggioranza? “Certo – dice Romeo – ci vuole continuità, i nostri amministratori la meritano per aver dato prova di buon governo, in tutte le regioni che governiamo”.
La partita sembra lontana: in Lombardia si è votato nel 2023 e le prossime regionali dovrebbero essere nel 2028. Notate il condizionale, perché ci torneremo. In ogni caso non è l’unico elemento che rende questa partita già attuale. In Veneto infatti, l’altro feudo leghista, si voterà invece in autunno o nella primavera del 2026 (la questione è all’attenzione del Consiglio di Stato). Anche lì i rapporti di forza sono ormai invertiti: tutte le elezioni più recenti sanciscono il sorpasso di FdI sulla Lega. Tre giorni fa inoltre la sentenza della Corte Costituzionale ha spento ogni residua speranza per una ricandidatura di Luca Zaia. Insomma, tutto andrebbe nella direzione della scelta di un candidato che sia espressione del partito più forte, come da regola consuetudinaria della dialettica di potere all’interno del centrodestra. E dunque il candidato alla successione di Zaia dovrebbe essere un uomo (o una donna) scelto da FdI. Ma i leghisti veneti non hanno alcuna intenzione di lasciare la regione al partito di Meloni. E la capa di FdI, e cioè proprio la premier Meloni, dopo un lungo rimuginare, si è convinta che non c’è alcun problema: il Veneto può rimanere alla Lega. Il candidato sarà probabilmente il fedelissimo di Matteo Salvini Alberto Stefani. Anche se dentro il Carroccio un accordo definitivo sul nome ancora non c’è. A Stefani Zaia preferirebbe infatti il sindaco di Treviso Mario Conte, un uomo che, per capirci, piace anche a Carlo Calenda. La concessione di Meloni in ogni caso non sarà gratis. La premier in cambio vuole una promessa: quando terminerà il mandato del governatore Attilio Fontana la Lombardia deve andare a FdI. Circolano persino già dei nomi. Tre su tutti: l’eurodeputato del partito meloniano Carlo Fidanza, il vice di Fontana, con delega al Bilancio, Marco Alparone e, infine, e sembra il nome più forte, l’attuale presidente di Confindustria Lombardia Giuseppe Pasini.
In ogni caso FdI vorrebbe che quest’accordo sulla Lombardia sia una delle clausole della maxi intesa di maggioranza al quale con Carroccio e Forza Italia si sta già lavorando. E qui possiamo tornare al condizionale, a quel “in Lombardia si voterebbe nel 2028”. Nelle intenzioni del governo infatti c’è anche quella di anticipare il voto (ovviamente dovrebbe essere d’accodo anche Fontana). L’idea, non è una novità assoluta, è accorpare un lungo elenco di importanti votazioni in un unico election day nel 2027, quando, insieme al rinnovo delle Camere, si potrebbe votare, anticipando e posticipando diverse scadenze, anche in Lazio e Lombardia, ma pure a Milano, a Roma e a Napoli. E però è proprio questo che già oggi fa storcere il naso a molti leghisti lombardi. Non c’è dubbio che in Lazio, se non sarà l’attuale governatore Francesco Rocca, correrà comunque un esponente di FdI. Lo stesso avverrà a Roma. A Milano invece è stata già lanciata dal presidente del Senato, il fratellone d’Italia Ignazio La Russa, la candidatura di Maurizio Lupi, un centrista dunque, ma che non dispiace affatto ai Fratelli, mentre Napoli il candidato potrebbe andare a Forza Italia. “Sembra veramente un po’ troppo”, dice un leghista che in terra lombarda conta parecchio: “E’ legittimo che oggi FdI, cedendo il Veneto, possa chiedere qualcosa del genere, ma sarebbe complicato anche per gli equilibri interni alla stessa Lega, sarebbe un ridimensionamento troppo forte lì dove Lega significa ancora qualcosa”.



FdI con Trump? Kiss my ass