(Ansa)

verso la Casa Bianca

Meloni e Trump: la donna di stato vs l'uomo di status

Giuliano Ferrara

Ms. Giorgia goes to Washington per incontrare l’Arancione a nome di tutta l’Ue, che tifa per la moderazione di Meloni. Non tornerà magari col sacco pieno, ma non necessariamente a mani vuote

Meloni si mostra abile perché non è spregiudicata. Sa tacere quando è necessario. Sa barcamenarsi con prudenza. Sa incassare come una fastidiosa puntura di zanzara il trumpismo parolaio dell’alleato minore. Sa mantenere il raccordo essenziale con la Commissione di Bruxelles e la sua presidente sui dazi, sull’immigrazione, sulle spese per il riarmo. Sa sfruttare una specie di rapporto confidenziale con il circo della Casa Bianca senza farsi assorbire nella danza del clown. Dosa atti e parole. Non litiga con Parigi, malgrado un fondo di sincera antipatia con l’Eliseo. Aspetta l’arrivo di Merz al comando e si ripromette qualcosa di importante dall’ipotesi di una ripartenza tedesca e popolare in Europa. In sostanza, mostra di conoscere il mestiere che si è scelta, di saperlo praticare con una certa misura. Come i generali invocati da Napoleone, ha anche una discreta dose di fortuna. Ms. Giorgia goes to Washington avrebbe potuto essere uno splash, un tuffo nel buio della guerra commerciale più pazza del mondo, invece qualcosa promette, la gita scolastica e aziendale della patriota che si muove a tutela sua e dell’Europa cui dà segno di voler appartenere. Finisse con la prospettiva di zero dazi sull’industria, o almeno di una trattativa basata su quella piattaforma, e una riduzione sensibile del residuo di dogana sulle automobili, sarebbe da leccarsi i baffi, ma forse è troppo chiedere. 

Meloni è come i mercati, a destra. Questo le può dare una certa autorità o centralità ora che i mercati correggono il populismo efferato dell’Arancione, con efficacia. Almeno per un presidente come quello, un uomo sensibile all’immagine, ai talk-show, impicciato dal proprio ego e dal gioco di Borsa, che oggi gli va bene e domani gli va male, in ogni senso. Se in cambio occorre comprare energia e armi dagli americani, due cose di notevole utilità al tempo presente, sarà questione di prezzo, e se il prezzo è giusto, ok. D’altra parte la bandiera dell’indipendenza europea è una bandiera dei popolari tedeschi sotto Merz, e i residui del Nationalneutralismus sembrano svaniti nell’orizzonte di un paese centrale assediato dalle destre vere, quelle a sfondo neonazi. Il coinvolgimento della Nato nella questione ucraina, con l’applicazione dell’articolo 5 a un paese non membro, sembra un po’ una chimera, ma è anche vero che adesso è Trump a cercare una via d’uscita dal vicolo cieco in cui il giocatore del Cremlino lo sta mettendo, lui e il suo Witkoff. Se ci saprà fare, Ms. Giorgia potrà tornare dagli Stati Uniti, non dico con il sacco pieno, ma non necessariamente a mani vuote.

Difficile dire a lei che non ha le carte, atteggiamento preferito dal bullo dello Studio ovale. E la cosa curiosa, importante più ancora per il paese o la nazione che governa di quanto non lo sia per lei personalmente, è che a fare il tifo per questa strana ulteriore visita di stato di una donna di stato a un uomo di status, il Messia di Nazareth uscito da uno sketch dei Monty Python, sono in tanti, anche tra i suoi avversari o nemici politici. Gli atteggiamenti misurati e prudenti, le scelte giuste di bilancio, la capacità di non farsi sotterrare dal chiacchiericcio all’italiana, tutte qualità della presidente del Consiglio, potrebbero tornare buone quando più è necessario.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.