
(foto Ansa)
la strategia
“Operazione concretezza”. Schlein incontra agricoltori e Pmi
Da un lato a parlare di referendum con Landini, dall'altro ad ascoltare i settori produttivi. La segretaria cerca di farsi vedere propositiva sulla questione dazi
Una giornata divisa a metà, quella della segretaria pd Elly Schlein: ventre a terra tra l’aspirazione e la mobilia. E’ la fase due di quella che un deputato dem definisce “operazione concretezza”: e dunque un po’ (al mattino) con il segretario Cgil Maurizio Landini, a parlare dei referendum su lavoro e cittadinanza e ad annunciare i cinque sì del Pd nonché l’impegno per “assicurare la più ampia partecipazione”; e un po’ (nel pomeriggio) con i rappresentanti degli artigiani, delle Pmi, degli agricoltori e delle associazioni cooperative. Schlein è al secondo giro di consultazioni con il mondo produttivo (giovedì scorso aveva incontrato imprese e sindacati), nell’imminenza dell’incontro americano Donald Trump-Giorgia Meloni e nell’urgenza di fare fronte alla crisi dei dazi, ché ci si è resi conto, al Nazareno – vedi anche il viaggio dell’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando nelle realtà industriali in piena crisi dell’automotive – della necessità di andare oltre il Leitmotif da campagna elettorale (diritti, inclusione, diritti, inclusione). Pane al pane e vino al vino, ecco la segretaria pd alle prese con chi l’incertezza la sta già vivendo sulla propria pelle. L’obiettivo di quelle che vengono definite, al Nazareno, “consultazioni”, è approfondire le conseguenze della politica dei dazi e la situazione economica del paese, per dare “una risposta all’emergenza, da affinare e tradurre” in proposte efficaci di fronte a quello che i vertici dem definiscono “immobilismo del governo”.
Si guarda dunque alla Spagna di Pedro Sanchez, dicono al Nazareno: quel Sanchez che ha messo in campo 14 miliardi, pur con un’esposizione sul mercato Usa molto più limitata di quella italiana. “Abbiamo bisogno di reagire”, diceva Schlein all’avvio del giro di ascolto, puntando sullo stop alle delocalizzazioni, sull’adeguamento dei salari, sui rinnovi contrattuali e sul freno al caro bollette, tutti motivi di “sovraindebitamento” delle famiglie italiane. Ma che cosa vuole fare, dunque, in concreto, il Pd che vede in una road map di investimenti comuni europei e in un “grande piano industriale” un “macrotema di opposizione unitaria” da sottoporre via dossier a Palazzo Chigi? Intanto: dare voce e corpo, dicono al Nazareno, alla preoccupazione per “la situazione incerta e per il prolungarsi della crisi sui mercati finanziari”, un quadro in cui “i canali commerciali sono semi-paralizzati”. E poi: insistere su un piano “più solido di quello del governo”, puntando su “una parte di risorse aggiuntive e su alcune scelte che rilancino la domanda interna, vedi i rinnovi contrattuali”. Nel corso degli incontri, il taccuino dem si è riempito inoltre di “perplessità”, dice un parlamentare pd, “sull’uso dei fondi di coesione” e sugli alti costi dell’energia, cosa che allarma le Pmi (alle prese con i rischi diretti sulle filiere produttive e sui possibili effetti indiretti). Ne discende, per il Pd, una serie di indicazioni-raccomandazioni: la necessità di un negoziato con voce unica e fermezza a livello Ue; la diversificazione dei mercati; un piano di investimenti europei; un piano italiano (con garanzie su crediti, ammortizzatori, sostegno all’export e internazionalizzazione); il sostegno alla domanda interna. Il tutto tenendo attiva la modalità “ascolto”. Ed ecco che, ascoltato da Schlein, il segretario generale di Confesercenti Mauro Bussoni ha aggiunto un appello alla road map del Pd: “Accelerare sull’introduzione della web tax”, ha detto, “sostenere l’export, ma senza trascurare la centralità del mercato interno, motore della nostra economia”. Da vent’anni, ha proseguito Bussoni, “il peso del mercato interno sull’economia italiana è in costante calo. A pesare è una stretta dei consumi mai del tutto recuperata dal 2007, ma anche l’espansione delle grandi piattaforme internazionali dell’ecommerce che, di fatto, stanno delocalizzando la distribuzione: stimiamo in circa 8 miliardi di euro l’anno i profitti generati da vendite in Italia e trasferiti all’estero da questi operatori. Un processo che sta accelerando la desertificazione commerciale delle città e sottraendo risorse al fisco”. La richiesta è un intervento urgente sul piano normativo, per “ricostruire un rapporto equilibrato tra le piattaforme digitali globali e le imprese italiane della distribuzione e dei servizi”. Ultima ma non ultima preoccupazione, del Pd e delle imprese, “la contrazione dei consumi”, dovuta al quadro a tinte fosche e alle poche certezze.

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