L'intervista

Frattasi (Cybersicurezza): "Io in bilico? Non sono uno scienziato informatico, il mio mandato è a disposizione"

Simone Canettieri

Il direttore dell'Agenzia è al centro delle critiche del governo:  "Ho le spalle grosse, non so se pago guerre sotterranee. La legge stabilisce che per ricoprire il mio ruolo si può essere accademici, ma anche prefetti: e allora eccomi qua"

Prefetto Bruno Frattasi, lo sa che è diventato un bug, suo malgrado?

“Sono un servitore dello stato. Ne ho passate tante: ho fatto il prefetto a Latina! Ho gestito come capo  dipartimento dei vigili del fuoco la tragedia di Rigopiano e il terremoto in centro Italia. Vogliamo parlare poi, da prefetto di Roma, dei funerali di papa Ratzinger?”.

Si sente sicuro al comando della cybersicurezza? L’Agenzia che dirige fa acqua. L’ultimo caso, scovato dal Fatto, è stato quello della rubrica di stato con i numeri delle alte cariche spiattellati online nonostante una segnalazione che vi metteva in guardia. Si dimetterà?

“Il mio incarico è a disposizione”.

Ci sono norme per favorire il suo scivolo dall’Agenzia:  paga una guerra interna ai servizi?

“Non rispondo”.

E’ rimasto solo il sottosegretario Mantovano a difenderla?

“Se mi apprezza sono contento”. 

Bruno Frattasi, 69 anni, carriera viminalizia in giro per l’Italia,  una passione per Fellini sfociata perfino in un saggio (“Amarcord, 50 anni dopo” per Rubbettino), poi tanta musica classica, buone letture e un fratello, Antonio, storico dirigente del Pci poi indomabile cossuttiano, amico personale di Ermanno Rea, scomparso un paio di anni fa. Lei prefetto è un mistero napoletano: che ci fa a capo di un’Agenzia che si occupa di bug, spioni, hacker, account fake, un gentiluomo del Novecento come lei? Pensi che in Parlamento, i suoi detrattori, si danno di gomito dicendo che lei non si ricorda nemmeno il pin del suo cellulare.

“Allora, posso dirlo senza problemi”.

Che cosa?

“Non sono uno scienziato dell’informatica: è vero”.

Questo non depone a suo favore.

“Credo che il mio profilo sia stato scelto nel 2023  per ricoprire esperienze innovative, di organizzazione di un nascituro organismo come quello dell’Agenzia, che mi onoro di portare avanti. La legge istitutiva dell’Agenzia non specificava particolari competenze: a capo dell’organismo potevano starci accademici, poliziotti o prefetti come me. Ed eccomi qua, sono sereno, ce la metto tutta”. 

Davanti ai casi che si rincorrono in queste settimane, lo stesso centrodestra che la indicò inizia a storcere la bocca. Il ministro della Difesa Guido Crosetto – niente di personale – ha già fatto sapere che occorre rivedere tutto lo spezzatino di competenze in materia cyber. Il suo ruolo non sembra così saldo.

“Non mi interessano, come le ho già detto, le guerre sotterranee. Sono stato scelto in base al mio curriculum: ho le spalle grosse. Ne ho passate tantissime. Sono stato capo di gabinetto al Viminale durante il Covid, sono stato nominato prefetto da giovanissimo, a 49 anni. Ho studiato una norma, poi adottata in tutta Europa, per il tracciamento dei contratti pubblici per evitare le infiltrazioni mafiose. La mia vita professionale  parla di best pratice. E se vuole continuo”.

Certo.

“Ho creato il sistema Capaci, di cui vado più che fiero. Si tratta di un acronimo che sta per Creazione di procedure automatizzate contro le infiltrazioni criminali negli appalti pubblici nelle grandi opere, diventata un’esperienza pilota nel 2005 quando si parlò per la prima volta di Ponte sullo Stretto, poi adottata ovunque”. 

Prefetto, nessuno si permette di mettere in discussione il suo curriculum.

“Sono io che tengo a mettere in chiaro alcune cose”. 

Frattasi è un fiume in piena, cortese ma determinato nello squadernare una carriera “da servitore dello stato”. Di cui nessuno osa dubitare.  

In questi ultimi tempi, però, lo descrivono preoccupato e in cerca, come è normale che sia, di interlocutori politici, a destra come a sinistra, per spiegare la bontà del suo operato, nonostante i casi finiti sui giornali. Alcuni di questi, come la recente storia della rubrica di stato pubblicata sui siti, abbastanza clamorosi.

“Certo, lo ripeto: non sono uno scienziato del mondo informatico. Nella mia vita mi sono occupato sempre di altro”. 


E allora, Frattasi, forse il problema è proprio questo visto che dirige un’Agenzia che ha come fulcro il mondo vasto e senza confini della cybersicurezza.  “Il mio nome è stato fatto perché qualcuno ha ritenuto che io fossi la persona giusta per gestire  la fase nascente normativa dell’Agenzia, fase che probabilmente stiamo ancora vivendo”.

Lei insomma non lascia?

“Se qualcuno me lo chiede certo che sì, altrimenti vado avanti. Continuo a lavorare”.  Si sente accerchiato o, peggio ancora, scaricato dalla politica? “Non rispondo a queste provocazioni. Mi limito a mettere tutta la mia passione nel lavoro che faccio, fino a quando ce ne sarà bisogno”.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.