
Cercasi vero patriottismo di Meloni
Obiettivi, postura, rese da evitare. Perché il viaggio da Trump è uno stress test sulla leadership del capo del governo, che si può vincere solo deludendo i follower del trumpismo. Tre sogni e qualche notizia
La scelta in fondo è tutta qui: deludere i propri follower facendo l’interesse italiano o eccitare i propri follower facendo l’interesse di Trump? Giorgia Meloni, lo sapete, domani sarà a Washington, alla Casa Bianca, dove incontrerà Donald Trump. Il viaggio di Giorgia Meloni arriva in un momento insieme delicato e caotico, e la domanda che in molti si fanno, in queste ore, è semplice e lineare: cosa può ottenere la presidente del Consiglio dall’incontro con Trump? E, in subordine, come capitalizzare la prudenza estrema adottata negli ultimi mesi, durante i quali l’Italia ha scelto di muoversi nella giusta direzione, in Europa, sì, ma ha anche rinunciato a giocare un ruolo da protagonista su ogni genere di partita economica, diplomatica e militare, immobilizzata dal timore di poter creare un conflitto diplomatico con l’alleato americano? A differenza dei molti leader che sono passati negli ultimi mesi dalla Casa Bianca, Meloni arriva in una posizione di forza, se si pensa a quello che Trump pensa di Meloni – “donna meravigliosa”, “grande leader”, “leader fantastica”, “forza della natura”, “leader che ha preso d’assalto l’Europa”. Ma arriva anche in una posizione di debolezza, perché i leader europei, da tempo, osservano con sospetto il suo trumpismo, e perché da quando Trump è tornato alla Casa Bianca il patrimonio di credibilità che Meloni si era costruita negli ultimi anni è diventato friabile, soggetto alle erosioni, ed è come se il trumpismo, in un certo senso, avesse ricreato attorno al melonismo un gap di affidabilità che la premier italiana si vede costretta ogni giorno a ridimensionare, con i fatti, sullo scacchiere internazionale.
Le partite sulle quali dovrà impegnarsi Meloni sono molte ma quello che il capo del governo sa è che nell’incontro con il presidente americano ciò che andrà cercato con attenzione, con cura estrema, è un equilibrio magico con il quale provare a difendere l’interesse nazionale dalla minaccia americana senza tradire le aspettative europee e senza tradire la fiducia americana.
Sembra un gioco di prestigio, e un po’ lo è, e per provare a realizzarlo, sapendo che non c’è nulla di più imprevedibile dell’imprevedibilità trumpiana, occorre provare a capire quali sono gli obiettivi realistici che Meloni può provare a portare a casa.
Il primo, di carattere narrativo, è quello di provare a dimostrare l’impossibile, o quasi, e cioè che il trumpismo per l’Italia non è una minaccia e che sui grandi valori l’Italia e gli Stati Uniti in fondo sono perfettamente allineati. Temi possibili su cui convergere: la difesa dei confini dall’immigrazione irregolare e il sostegno degli Stati Uniti all’attivismo italiano in Africa attraverso il famoso Piano Mattei. Una volta creato un sentimento molto, molto, generico di affinità elettive, per Meloni ci potrebbe essere spazio per provare a ottenere gli unici risultati realisticamente alla portata.
Il secondo obiettivo riguarda i rapporti tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America e nelle conversazioni avute nelle ultime settimane dal capo del governo con il presidente della Commissione europea un elemento presente è stata la volontà condivisa da parte dei leader europei di organizzare un incontro, in Europa, tra il presidente americano e i vertici delle istituzioni comunitarie. Tema: riuscirà Meloni a intestarsi il dialogo?
Il terzo obiettivo da monitorare riguarda una questione ulteriore che l’Italia, con l’Europa, potrebbe mettere sul piatto dei negoziati sui dazi, oltre all’impegno sulle spese militari dell’Italia, oltre a un rafforzamento della linea di acquisto del gas liquefatto dall’America, e quel tema ha a che fare con il ruolo importante che Meloni potrebbe avere in Europa per arrivare a un risultato conveniente sia per gli Stati Uniti che per l’Unione europea: allentare le regole molto dure che esistono nell’Ue contro i giganti tecnologici e provare a rivendersi questa iniziativa come una collaborazione tra America e Italia nella sburocratizzazione dell’Unione europea.
Il quarto obiettivo, più difficile, è provare a introdurre un elemento nella narrazione di Trump meno devastante nei confronti dell’Ucraina. Immaginare che Trump possa essere severo con Putin è fantascienza, visto e considerato il fatto che gli Stati Uniti proprio ieri si sono rifiutati di sostenere una bozza di dichiarazione del G7 che avrebbe dovuto contenere una condanna dell’attacco di Sumy di domenica. Ma immaginare che Meloni possa provare a strappare a Trump un impegno anche implicito a non abbandonare l’Ucraina è lecito aspettarselo, o è lecito quantomeno provare a muoversi in quella direzione, e la chiave che Meloni intende utilizzare su questo fronte è provare a ricordare a Trump quanto la difesa dell’Ucraina dalla minaccia russa sia un problema che riguarda anche gli interessi degli Stati Uniti nel Mediterraneo oltre che quelli che riguardano l’Europa.
La missione di Meloni è piena zeppa di ostacoli, naturalmente. Il rischio di tornare a mani vuote è alto, ovviamente. Ma il successo della missione alla Casa Bianca di Meloni passa da alcuni elementi non negoziabili. Muoversi come un leader europeo, consapevole cioè che gli interessi del proprio paese possano essere difesi solo con lo scudo della sovranità europea. Cercare di utilizzare la propria linea di credito con il presidente americano per tutelare le imprese europee, e ovviamente anche quelle italiane, trovando soluzioni creative per ottenere una qualche forma di promessa relativa al ridimensionamento della politica dei dazi contro l’Europa, ricordandosi che ogni forma di instabilità sul commercio globale alimenta sfiducia nei paesi più esposti ai dazi con l’America, Italia compresa, e ricordandosi che ogni forma di cedimento sul surplus commerciale equivarrebbe a una resa strategica del nostro paese. E, dall’altro lato, usare quella linea di credito per dimostrare che la capacità che ha Meloni di saper parlare con tutti, con alleati e avversari, con europei e americani, con europeisti e anti europeisti, con destre estreme e destre moderate, è una prerogativa che può permettere di ottenere non solo spillette retoriche ma anche fatti concreti. Ma per farlo Meloni, di fronte a Trump, dovrà trovare un modo per essere l’opposto rispetto a quello che le chiedono i suoi follower più oltranzisti. A difesa dell’europeismo, contro l’euroscetticismo, a favore del sovranismo europeo, contro il sovranismo nazionalista, a protezione della globalizzazione e a sfavore di ogni forma di protezionismo nel mondo. Per combattere ciò che non si ama di Trump bisogna avere chiaro cosa si vuole difendere e per difendere ciò che riguarda l’interesse italiano occorre ricordarsi che essere patrioti oggi significa difendere la propria patria anche dai trumpiani italiani che si muovono da patrioti di una patria altrui.