
l'incontro
Meloni da Trump, ansie e speranze. Fazzolari: "Viaggio ricco di insidie"
La premier domani alla Casa Bianca, l'ultimo vertice prima di partire con Tajani e Salvini. E' la visita che può sbloccare una serie di bilaterali Usa-Italia
“Vediamo come va nelle prossime ore: non sento alcuna pressione per i prossimi due giorni...”. Alla vigilia del volo per Washington ieri Giorgia Meloni, parlando al premio Leonardo a Villa Madama, ha ironizzato sull’appuntamento che l’attende domani alla Casa Bianca. “Una missione di pace commerciale”, la chiama Antonio Tajani. Il grande giorno, quello del faccia a faccia tra la premier e il presidente degli Usa Donald Trump, si avvicina. Portandosi appresso un carico di aspettative non solo politiche, ma soprattutto economiche. I dazi, certo. Ma anche la difesa, l’energia e gli impegni con la Nato e poi in generale tutto il sistema Italia da preservare.
Il viaggio meloniano è stato benedetto pubblicamente dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, che ha tenuto a far sapere la sintonia con la presidente del Consiglio per sgomberare il campo dalle dietrologie. Se non ci saranno colpi di scena alla Zelensky, dinamica impazzita che a Palazzo Chigi non vogliono nemmeno prendere in considerazione, il governo vorrà a tutti i costi costruire un ponte con l’Amministrazione americana. A suon di bilaterali e missioni. L’apripista sarà Meloni che ha ribadito: “Abbiamo la forza per superare ogni ostacolo: sono consapevole di ciò che difendo”.
Fra una decina di giorni toccherà al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fare visita al suo omologo Scott Bessent, segretario del Tesoro, colui che avrebbe convinto il presidente a sospendere i dazi per novanta giorni. Tra maggio e giugno toccherà invece a una delegazione della commissione Difesa, capitanata dal presidente Nino Minardo e dal vicepresidente della Camera Giorgio Mulè. Volerà a Washington per incontrare gli organismi omologhi del Congresso e le principali aziende americane leader nel settore della cybersicurezza. Un viaggio che era in ballo già da mesi, ma sempre rinviato in attesa del cambio della guardia nello studio Ovale. Fonti di centrodestra danno come possibile anche un incontro tra Guido Crosetto e Pete Hegseth, segretario alla Difesa, anche se non si trovano conferme dirette. Aspetta il “giovedì da Meloni” anche il ministro Francesco Lollobrigida prima di muoversi con la segretaria all’Agricoltura Brooke Rollins.
Chi da tempo sta pianificando una missione alla Casa Bianca è Matteo Salvini che, sempre per il prossimo mese, punta a contraccambiare la visita del vicepresidente J. D. Vance con il quale si è sentito al telefono il 21 marzo annunciandogli e comunicando al mondo l’intenzione di andarlo a trovare. Nel frattempo il numero due di Trump questo fine settimana sarà a Roma e venerdì incontrerà Meloni (e i due vice) appena rientrata in Italia. In vista dello sbarco nella capitale, con la speranza di incontrare papa Francesco, i toni di Vance appaiono molto più concilianti (“Amo l’Europa, amo il popolo europeo, ho detto più volte che non possiamo separare la cultura americana da quella europea, siamo in gran parte il frutto di filosofie, teologie e l'immigrazione partita dall’Europa che ha lanciato gli Stati Uniti d’America”).
E’ tutto un viaggi e miraggi, un te la do io l’America.
Le agende dei ministri si montano e si smontano in attesa dell’incontro di Meloni, percepito con una certa preoccupazione dalle parti di Palazzo Chigi: perfino Giovanbattista Fazzolari lo definisce “ricco di insidie”. Perché, spiega il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, “le dichiarazioni Usa fanno pensare a una politica protezionistica che ci danneggerebbe molto: non so quanto possa essere vantaggiosa per gli Usa, ma per l’Italia e l’Ue potrebbe essere molto pericolosa” . Le notizie della vigilia avvolgono come una nube la delegazione meloniana pronta a decollare. L’incontro del commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, a Washington con i suoi omologhi statunitensi – il segretario al Commercio Howard Lutnick e il rappresentante per il Commercio Jamieson Gree – secondo l’agenzia Bloomberg non ha prodotto novità esaltanti. “Scarsi progressi”.
Con gli Stati Uniti che hanno respinto la proposta europea di rimuovere tutti i dazi sui beni industriali, comprese le automobili, suggerendo invece che alcune imposte potrebbero essere compensate aumentando gli investimenti e le esportazioni. La situazione complessa e ricca di “insidie” si è materializzata in serata a Palazzo Chigi con l’ennesima riunione convocata da Meloni per fare il punto sulla trasferta, cercare una linea comune sui dazi ed evitare nelle prossime 48 ore fughe in avanti (o indietro degli alleati). All’appuntamento c’erano i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, i ministri Guido Crosetto, Tommaso Foti e Giancarlo Giorgetti. Si è parlato di dazi quindi ma anche dell’aumento delle spese militari per arrivare all’obiettivo minimo del 2 per cento, la precondizione dell’Italia per mettersi seduta a trattare con Trump con la consapevolezza che la premier metterà in campo anche l’empatia dei buoni rapporti personali con il presidente americano. Insomma: Cav. style. “Su questo Berlusconi ci ha insegnato molto”, dice Fazzolari.

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