L'intervista

Parla Cimmino, vice di Confindustria: "Dialogare con la Cina, non siamo incompatibili"

Carmelo Caruso

"Apriamoci a nuovi mercati, Filippine, India, Vietnam, non dimentichiamo la forza dell'Europa. Diciamo sì al Mercosur, confidiamo nello zero a zero, gli americani non rinunceranno ai nostri prodotti". Intervista al vicepresidente di Confindustria

La Cina non li spaventa, Trump non li scoraggia, tifano Europa, cercano nuove rotte: sono gli industriali. Barbara Cimmino, vicepresidente di Confindustria, con delega all’Export e agli investimenti, lei chiuderebbe alla Cina? “Assolutamente no. Confindustria è favorevole al multilateralismo, volgiamo lo sguardo a oriente, a est. Non siamo incompatibili con la Cina”. Un’industriale come definisce questo tempo? “Il tempo dell’irrazionale e dello sconquasso”. Trump, chi è? Un “bullo” come dice il presidente cinese Xi Jinping? “Ha una personalità dall’ego smisurato, che prova quasi un piacere per la negoziazione”. 


Vicepresidente, cofondatrice del gruppo Yamamay, Cimmino, dove si trova in questo momento? “Mi trovo a Tokyo”. La Cina è vicina o lontanissima? Anche per lei, come per il governo Meloni, rappresenta un pericolo o è la nuova opportunità? “Gli industriali hanno il dovere di cercare nuovi mercati, che significano nuove rotte e non parlo solo della Cina. Pensiamo a mercati come l’Indonesia, il Vietnam o le Filippine”. Chiediamo a Cimmino quante imprese italiane operano in Cina e la vicepresidente risponde che “sono 1.600, tutti esempi di aziende supervirtuose” e poi, quasi ad anticipare la successiva domanda, aggiunge: “So benissimo che ci sono perplessità sul rispetto dei diritti ma assicuro che nessuna di quelle 1.600 aziende avrebbe mai operato senza rispettare le regole occidentali. La mia opinione è che in Cina sia in atto un percorso di evoluzione che riguarda la sostenibilità, l’impatto ambientale. E’ chiaramente un percorso. Avere naturali preoccupazioni è corretto ma sarebbe sbagliato alzare barriere”.

 

Si continua a dire, in Italia, al governo, che l’obiettivo finale di Trump sia allontanare l’Europa dalla Cina, e la vicepresidente di Confindustria risponde che è “probabile che il disegno finale di Trump sia questo, e però l’Europa ha già gli strumenti per difendersi da sola. Parlo dei diritti dei lavoratori, del rispetto per l’ambiente”. Alle nostre domande: “Vicepresidente, non teme l’inondazione dei prodotti cinesi?”; “non la angoscia il surplus cinese?”,  Cimmino replica che non c’è dubbio “che la Cina abbia bisogno di immettere sul mercato il suo eccesso di produzione, ma a quel punto si apre un altro tema che riguarda il controllo delle dogane. Abbiamo gli strumenti per controllare i nostri confini”. Le chiediamo, ancora, se Trump sia un “bullo” come lo chiamano i cinesi e Cimmino spiega che “siamo di fronte a una personalità dall’ego smisurato”, poi, da industriale, prova a interpretare il fenomeno: “Mi sembra di scorgere, se posso, un piacere, da parte del presidente americano verso l’arte della negoziazione. Lo sconquasso Trump ha stupito perfino il suo segretario del Tesoro americano, Scott Bassent, che non si attendeva un’accelerazione così forte sui dazi. E’ difficile sapere quale disegno ci sia dietro, la sola cosa certa è che l’America andrà in recessione ma ancora più temibile è l’idea del mondo instabile. Sembra che Trump sia affascinato dal disordine, da questo nuovo ordine che contribuisce a disegnare. Non c’è nulla di più rischioso, per un industriale, che operare nell’incertezza”.

 

Domani, Giorgia Meloni volerà da Trump e per Cimmino è “fondamentale che il viaggio di Meloni sia sostenuto da von der Leyen perché l’unica trattativa possibile resta quella tra America ed Europa”. Vicepresidente, Confindustria cosa si attende da questa missione?   “Innanzitutto i viaggi hanno una componente politica ed economica. Meloni va a raccontare un paese che, non dimentichiamolo, rappresenta la seconda manifattura in Europa. C’è da parte dell’America, nei confronti dell’Italia, un sentimento quasi d’amore. Difficilmente gli americani rinunceranno ai nostri prodotti. Penso al tessile, all’abbigliamento. Il viaggio di Meloni è un’occasione per fornire a Trump elementi.  Per un premier è fondamentale  raccontare e raccontarsi.  Chi meglio di Meloni potrà raccontare l’Italia? Anche noi, Confindustria, come Meloni, confidiamo nello zero a zero”.

 

Continuiamo con le domande: “Vicepresidente, teme ulteriori dazi sulla componentistica?”; “c’è da sperare ancora in un’ulteriore sospensione?”, Cimmino dice che c’è da “essere fiduciosi perché l’America non ha ancora maturato la nostra capacità industriale” e introduce la parola “ottimismo”. Lei è ottimista? “Sono ottimista nella possibilità di negoziare perché noi europei rappresentiamo 450 milioni di consumatori, perché abbiamo caratteristiche uniche, non sottovalutiamo la nostra forza”. Giochiamo come Marco Polo a tracciare nuove rotte. Cosa ne pensa del Mercosur, degli accordi bilaterali con altre parti di mondo, come l’America Latina? Cimmino risponde che “Confindustria è stata netta. Diciamo sì al Mercosur che è un mercato facile, è possibile stare in quel mercato, il mercato a noi più vicino e che farebbe la fortuna delle piccole e medie imprese italiane”. Un’ultima domanda: ci difendiamoo tassando le big tech? Risposta: “Le ritorsioni forti non sono mai positive. Sul campo delle big tech c’è un gap tecnologico, basti pensare che manca ancora un euro digitale”. Restiamo europeisti? “Convintamente, ma il mondo cambia e nostro dovere è guardare altrove”.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio