
"Brava Giorgia"
“Con Trump Meloni non poteva fare di più. Il Pd? Non vuole tornare al governo”. Intervista a Calenda
Il leader di Azione applaude alla premier ma avverte: "Meloni ha limitato i danni, ma ora dipende da Trump". E sulla politica italiana: "Nel 2027 punteremo alle larghe intese contro il populismo facendo 'non vincere' entrambe le coalizioni"
“Era in partenza un incontro difficilissimo, non solo perché Trump è completamente imprevedibile e propenso a scenate di aggressività fuori controllo, ma perché c’erano due questioni fondamentali su cui tenere il punto: impedire che l’Italia rompesse il fronte europeo sui dazi e non mollare sull’Ucraina. Su entrambe le questioni Meloni ha tenuto una linea dritta”. Carlo Calenda applaude a Giorgia Meloni. “Di meglio – sottolinea il leader di Azione – non si poteva fare. Trump resta una sciagura, ma io posso esprimermi in questi termini perché sono all’opposizione, se fossi stato il presidente del Consiglio sarei andato alla Casa Bianca come ha fatto lei”. E il Pd che dice che la premier non ha ottenuto nulla? “E cosa avrebbe dovuto ottenere? L’impegno di massima a trattare con l’Europa non è chissà che, ma si trattava di limitare i danni, provando a portare piano piano questo branco di matti che governa gli Usa a un tavolo negoziale. Il Pd ha una linea politica, quella del M5s e Avs, che non lo riporterà mai al governo”.
“Quello che accadrà adesso – prosegue Calenda – non dipende da Meloni, ma da Trump che come sappiamo è una trottola impazzita. Già adesso ha fatto abbastanza per mandare in recessione il mondo occidentale. ll livello di dazi degli Usa nei confronti del mondo, Europa compresa, non ha precedenti dal 1860. Anche senza l’aumento delle tariffe, la situazione è drammatica”. Meloni impeccabile per ora dunque? “No, se c’è una grave lacuna del governo è l’assenza di un piano di politica industriale che eviti che in questa situazione si perdano una valanga di posti di lavoro e di aziende”. Una delle soluzioni prospettate è quella di un grande accordo commerciale tra Ue e Usa in chiave anticinese. “Se fosse così sarebbe molto positivo. Ma la mia impressione è che sarà difficile perché Trump detesta l’Europa. Rimane di fondo l’idea di spaccarla e un’affinità vera con Putin. In tutti i modi dobbiamo impedire che questa alleanza russo-americana si saldi, ma non sarà facile”.
Tra gli strumenti della trattativa con gli Usa c’è il livello di spesa militare. Trump ci chiede di fare di più. Nel governo c’è una spaccatura: il ministro dell’Economia Giorgetti vorrebbe inserire voci di bilancio che oggi non sono considerate nel computo, il ministro della Difesa Crosetto chiede investimenti veri. “Quella di Giorgetti – dice Calenda – è una presa in giro. La spesa militare deve essere aumentata per rafforzare l’esercito. Non si può, per arrivare al due per cento, calcolare tra le spese militari le pensioni dei carabinieri, suvvia”. E’ vero però che, con un’economia che rallenta, trovare i soldi per la difesa diventa sempre più complicato. “Si fa quello che si deve fare per arrivare ad avere una difesa funzionante. Nessuno vuole comprare armi per passione, ma dobbiamo ricordarci che il nostro confine non è l’Italia, ma l’Estonia. Se la Russia attacca i paesi baltici noi, in base ai trattati europei e Nato, siamo automaticamente in guerra con la Russia. Per evitare che questo accada l’Europa deve essere molto forte militarmente, e l’Italia deve fare la sua parte”.
Anche il Pd intanto si sta spostando verso la posizione pacifista dei cinque stelle. “Qui – dice Calenda – si sta definendo di nuovo una linea di separazione molto netta tra chi vuole un’Europa della difesa e chi dice quello che faceva Togliatti: usare la pace come strumento per aiutare la Russia. C’è persino un blocco di intellettuali formato dentro al Pci, penso allo storico Alessandro Barbero, che non riesce a rinunciare a quella antica idea: rispettare le sfere di influenza. E’ un retaggio comunista. Non si rendono conto che oggi l’unico vero fascista in Europa è Vladimir Putin”. Antica tradizione insomma? “Penso all’attacco di Togliatti a De Gasperi per l’ingresso nella Nato e la contrarietà alla comunità europea della difesa. La bandiera era il pacifismo, c’erano i partigiani della pace finanziati dalla Urss. La tesi era disarmarsi perché l’Urss non voleva essere aggressiva. Anche dentro al Pd temo siano rimasti lì. L’unico che lo dice con chiarezza è Bettini”. Insomma sulla politica estera non vi trovate con il campo largo, diventerete meloniani? “Noi – precisa Calenda – nel campo largo non ci siamo mai stati. Siamo nati dicendo che l’abbraccio con i 5 stelle sarebbe stato mortale per la sinistra riformista, e mi sembra che la cosa si stia confermando. Siamo nati dicendo che il bipolarismo non poteva funzionare perché il populismo di destra, Salvini, e quello di sinistra, il M5s, avrebbero reso ingovernabile l’Italia, lo continuiamo a pensare. Siamo al centro dove ci hanno messo gli elettori e così sarà anche per le elezioni del 2027. Il nostro obiettivo sarà avere una forza sufficiente per determinare uno stallo tra le due coalizione e fare un governo di larghe intese che escluda i populisti, questo è quello che cercheremo di fare”.