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Pregiudizi e interessi
“Serve una legge sul lobbying: trasparenza contro il populismo”. La proposta (arenata) di Fregolent
Se ne discute da oltre quarant’anni, ma nulla ha mai visto la luce: “L’Italia ha una reputazione da paese complesso, dove il rischio di incappare in pratiche opache è alto, e questo spaventa aziende e investitori”. Le parole della senatrice di Italia Viva
“Chi trae vantaggio dall’opacità? Chi non ha qualità né valori”. Dice così Silvia Fregolent, senatrice di Italia Viva, prima firmataria di una proposta di legge sulla regolazione del lobbying approvata dalla Camera nel 2022, oggi arenata in Senato. Il tema della rappresentanza di interessi è tornato in Aula il primo aprile con un disegno di legge, firmato dal presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera, Nazario Pagano. Se ne discute da oltre quarant’anni, ma nessuna proposta ha mai visto la luce. Lecito chiedersi perché. “Non è un problema tecnico, ma di volontà politica”, spiega Fregolent. “Esistono già regolamenti: al Cnel, alla Camera, al Mise, in molte regioni. Ma la frammentazione e la disapplicazione sistematica dimostrano che serve una norma unitaria, come esiste a livello dell’Unione Europea. In Italia, i lobbisti seri chiedono una legge che garantisca trasparenza. Ma non tutti la vogliono: alcuni si nascondono dietro il paravento della libertà”.
La sua proposta è diventata la convergenza di tre testi: il suo, dell’on. Madia (Pd) e dell’on. Silvestri (M5s). “Con Madia condividevamo un approccio equilibrato, in linea con la direttiva europea. Ma i Cinque stelle volevano una legge punitiva: incompatibilità esagerate e una definizione negativa del lobbying. Continua a persistere il pregiudizio delle lobby brutte, sporche e cattive. Una visione populista, comoda per trovare il capro espiatorio di un sistema inefficiente. Finché prevarrà questo approccio, ogni tentativo di sintesi è destinato a fallire”. Nel 2014, i grillini gridavano “Fuori le lobby dal Parlamento”. Undici anni dopo? “La richiesta è stata accolta, possono essere soddisfatti. Le lobby sono rimaste - appena – fuori dal Parlamento, gli incontri avvengono nei bar. Al netto dei disturbi gastrici causati dall’overdose di caffeina – dice, con umorismo renziano – non parliamo di una pratica edificante. La parola Lobby ha origine dal corridoio di Westminster, dove i portatori di interesse aspettano di essere auditi dai parlamentari”.
In Italia, però, la tradizione codificata ha ritardato l’introduzione di strumenti per valutare l’impatto delle leggi. “Certamente nei sistemi anglosassoni esiste da tempo una maggiore sensibilità. Ma adesso anche in Europa, molti Paesi si sono dotati di norme moderne, come la legge Sapin in Francia. L’Italia continua a mancare l’appuntamento con la direttiva europea”.Poi, il rifer imento alla stagione giustizialista: “Per anni, i lobbisti hanno rischiato di incappare nel reato di traffico di influenze, che per fortuna è stato eliminato, come l’abuso d’ufficio. Ma il clima di sospetto ha prodotto costi per la democrazia”. E a proposito di costi. “Nella nostra Costituzione ci sono portatori d’interesse riconosciuti, ma altri soggetti incidono sulle decisioni pubbliche senza tutela normativa. Se un provvedimento colpisce una categoria, deve poter dire la sua. L’Italia ha una reputazione da paese complesso, dove il rischio di incappare in pratiche opache è alto, e questo spaventa aziende e investitori”.
A Dicembre 2023, il Wall Street Journal ha descritto l’Italia come un paese ostaggio di interessi corporativi, incapace di liberalizzare un settore come quello dei taxi. “Ogni tentativo di favorire la concorrenza nel settore si arena contro gli scioperi. È successo con tassisti, con i balneari. Il governo Draghi è caduto non per ideologia, ma sulla legge sulla concorrenza. È questo il vero freno dell’Italia: un paese bloccato da lobby non regolate e ben radicate, che impediscono le riforme”. Tira un sospiro, e conclude: “Ecco perché serve una legge sul lobbying. La politica non deve temere la trasparenza. Chi trae vantaggio dalla opacità? Chi non ha qualità né valori. Chi si arricchisce dicendo che sono tutti uguali, tutti rubano alla stessa maniera, come canta De Gregori. Ma in quel tutti uguali, vince sempre il peggio”.