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il racconto

Curva Bergoglio alla Camera

Meloni scuote la testa per Schlein, Gasparri attacca gli ipocriti, la Lega schiera Matone. Il racconto della commemorazione di Papa Francesco tra i banchi di Montecitorio

Era il Papa di tutti, nel senso che alla fine ciascun politico, tranne pochissime eccezioni, non ha rinunciato a raccontare “quella volta che io e lui” oppure a sbattere in faccia agli altri l’insegnamento bergogliano. L’aria che tira alla cerimonia per Francesco alla Camera, riunita in seduta congiunta, è ben raccontata da due immagini. L’affondo di Elly Schlein contro “l’ipocrisia che deporta i migranti” e la faccia sconsolata di Giorgia Meloni, seduta al centro dei banchi del governo, stretta fra Antonio Tajani e Matteo Salvini. La premier davanti alle parole della leader del Pd scuote la testa, sembra coprirsi per alcuni attimi la faccia con le mani come in segno di profondo sconcerto. Meloni chiuderà l’evento, non privo di commozione e di interventi tondi come quello di Maurizio Lupi, con sobrietà compilativa, tra il personale e l’istituzionale. A Schlein riserverà il più timido degli applausi di circostanza, rispetto agli interventi degli altri leader dell’opposizione per i quali Francesco era uno di loro. 

Eccoli tutti insieme, come per le grandi occasioni, come per l’elezione del capo dello stato o dei giudici della corte costituzionale. Senatori e deputati riuniti a Montecitorio per una volta pieno in ogni ordine di posto come ai vecchi tempi, tutti insieme per un momento solenne. Che dura suppergiù come una partita di calcio: un’ora e mezza, ricavata fra il voto di fiducia sul decreto bollette e la discussione sul decreto Pubblica amministrazione. In Transatlantico c’è la solita aria frizzantina della radunata: non tutti rispettano la sobrietà richiesta nei cinque giorni di lutto nazionale, proprio dal governo Meloni. Si scherza e si gioca, fra i cardinali e i preti della politica italiana. “Manchi solo tu al conclave”, il messaggio che accompagna il selfie inviato a un collega assente da tre parlamentari divertiti della Fiamma magica. Filano lisci gli interventi istituzionali del padrone di casa, Lorenzo Fontana, che ricorda “il pastore fra la gente” e scivola senza problemi anche quello di Ignazio La Russa, seconda carica dello stato che dopo aver parlato chiama il minuto di silenzio in aula, accompagnato poi da un applauso scrosciante, questo sì trasversale, o meglio bipartisan. Il gioco – se così si può chiamare – è semplice. La destra  dice alla sinistra che non si può prendere dal governo di Francesco solo i passaggi che più aggradano. E allora Galeazzo Bignami, capogruppo di Fratelli d’Italia, ricorda come “il Papa non è di una parte, non segue schemi politici”, e Francesco “si è sempre rivolto al suo popolo, senza sottrarsi al confronto con chi aveva opinioni diverse”. Simonetta Matone parla per la Lega: il partito di Matteo Salvini non ha brillato per feeling come con Francesco. Per cui è “difficilissimo tracciare un ricordo” di questo pontefice, “spiazzante, imprevedibile, lontano dai partiti più di ogni altro del passato, ma politico, continuo pungolo dei partiti”. Maurizio Gasparri per Forza Italia con la consueta schiettezza attacca l’ipocrisia dell’opposizione e sottolinea che “noi, nei temi della famiglia e della vita, abbiamo trovato un grande insegnamento: continueremo a riflettere su tutti i suoi insegnamenti”. Clima altalenante. Matteo Renzi cita De André, legge una preghiera, strappa applausi perfino a Giorgia Meloni (sotto di due file, rispetto all’ex premier, Carlo Calenda è immobile e gelido: non si volterà mai).  Il finale è per la premier. In piedi fra i due vice parte dai ricordi personali, dal privilegio di un rapporto sincero, con il Pontefice. Citando le sue parole in occasione dell’ultimo incontro, quando la invitò a non “perdere mai l'umorismo”. Meloni nel discorso che legge parla di un grande uomo e un grande pontefice, che “sapeva essere determinato, ma quando parlavi con lui non esistevano barriere". In aula prima di lei hanno preso la parola due ex premier come Matteo Renzi e Giuseppe Conte. Entrambi non hanno mancato di infiocchettare il rispettivi interventi di ricordi. E quindi Meloni non si sottrae nel raccontare la “gratitudine, mia, del governo e dell'Italia per la storica partecipazione del Papa al G7”. In quell'occasione, ricorda, disse che “la politica serve” ed è grande “in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi, pensando al bene comune a lungo termine”.  Finisce così con la consapevolezza che nemmeno questa occasione è servita a pacificare gli animi della politica, tutto talk e dirette Instagram. Dopo la cerimonia Meloni comparirà a San Pietro per l’ultimo saluto al feretro del Papa. Il conto alla rovescia per il funerale è iniziato. Da Palazzo Chigi trapela con forza l’intenzione di non lavorare ad alcun bilaterale. Né a quello fra Trump e von der Leyen, né a quello fra Zelensky e Trump (a Roma sono previsti anche gli ex presidenti Usa Biden e Obama). Nei corridoi si racconta di una forte interlocuzione fra Santa Sede e Governo per la disposizione dei posti durante la cerimonia: la guerra geopolitica delle sedie. 

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