
L'intervista
Piantedosi: "Il 25 aprile non è della sinistra. Il Papa sull'accoglienza dei migranti la pensava come il governo"
Il ministro dell'Interno al Foglio: "Oggi andrò a Leonessa, nel Reatino, a rendere omaggio a un prete trucidato dalle SS. Io antifascista? Nessuna nostalgia nel governo, rifiutiamo tutte le ideologie nefaste del Novecento, ma non abbiamo nulla da dimostrare"
Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, oggi è il 25 aprile: si dichiara antifascista?
“Nazismo, fascismo e comunismo sono errori e orrori del passato di cui nessuno sente la nostalgia, men che meno all’interno di questo governo”.
Quindi?
“Credo sia evidente che il rifiuto di ogni elemento di ideologia totalitaria e non democratica, fascismo in testa, si possa cogliere non solo in dichiarazioni più volte ripetute ma anche nei comportamenti concreti tenuti dal governo in ogni ambito”.
Questa domanda la infastidisce?
“Non abbiamo null’altro da dimostrare e ogni tentativo di sostenere il contrario è solo una pregiudiziale strumentalizzazione che, di per sé, non ha nulla a che vedere con gli ideali di libertà e di democrazia”.
Ministro Piantedosi, ci spiega il significato di “sobrie” celebrazioni per questa festa della Liberazione? Da dove avete pescato questo aggettivo: vi piace la contrapposizione? In passato non lo sono state sobrie?
“La scomparsa del Papa impone di vivere questo periodo con il dovuto rispetto per una figura tanto importante che ha vissuto la propria esistenza proprio all’insegna della sobrietà. Peraltro, la misura e la compostezza dovrebbero essere abituali modalità di comportamento da tenersi in occasione di manifestazioni pubbliche. Non si comprende come il loro richiamo possa suscitare polemica”.
Vuole dire che i precedenti 25 aprile non sono stati sobri?
“In passato le celebrazioni del 25 aprile sono state occasionalmente caratterizzate anche da intemperanze e scontri, si pensi ai fischi e alle aggressioni alla Brigata ebraica. Sono certo che in questa circostanza, con questa straordinaria concomitanza, tutte le manifestazioni del 25 aprile si svolgeranno nel solco di quegli stessi alti valori richiamati dalla Liberazione”.
Per i funerali di Giovanni Paolo II ci furono tre giorni di lutto nazionale, per Francesco cinque: c’è chi sostiene, a sinistra, che siano stati scelti cinque giorni dal governo per depotenziare il 25 aprile. Attraverso un mero calcolo di calendario.
“Una polemica del tutto infondata: i giorni di lutto coprono lo spazio temporale fino al funerale di Papa Francesco. Da parte delle autorità di governo non c’è stata alcuna prescrizione e nessun divieto che abbia riguardato le manifestazioni programmate per il 25 aprile che si svolgeranno come previsto”.
Lei cosa farà oggi di sobrio?
“Andrò a Leonessa, nel Reatino, per rendere omaggio alla figura di don Concezio Chiaretti, parroco di questo paese, fucilato dai nazisti il 7 aprile 1944”.
Lo scorso marzo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, su sua proposta, ha conferito la Medaglia d’oro al merito civile a don Chiaretti.
“Ho qui sul mio cellullare le motivazioni che vorrei leggerle”.
Prego.
“Durante l’occupazione tedesca si prodigò per difendere la popolazione del comune di Leonessa e portarle soccorso. Dopo aver tentato invano di dialogare con i tedeschi per scongiurare ulteriori eventi tragici, nella giornata del Venerdì Santo del 1944, mentre era in fila per essere fucilato assieme ad altri compagni, li confortava e, dopo essersi inginocchiato ed aver invocato il perdono per i carnefici, veniva barbaramente trucidato da un plotone delle SS. Straordinario esempio di virtù civiche e di umana solidarietà, condotte fino all’estremo sacrificio”.
Ecco, a 80 anni dalla Liberazione dal nazifascismo perché in Italia non c’è ancora una memoria condivisa e siamo costretti a dividerci per fazioni con le lenti di oggi e non con quelle del passato? Perché la Resistenza fatica a essere un valore di tutti a destra dopo 80 anni?
“La nostra storia, nei fatti, rappresenta il terreno su cui è stato costruito un patrimonio condiviso di valori e principi. E’ un dato di fatto che resiste a ogni tentativo di utilizzo per finalità politiche strumentali di narrazioni diverse, contraddette dall’evidenza dei fatti. La figura di don Chiaretti, che celebriamo oggi a Leonessa, rappresenta proprio un esempio di moderazione, rispetto reciproco, pietà cristiana, senso civico, disponibilità al sacrificio su cui fu costruita la nostra attuale società”.
Perché secondo lei, che ha un forte Dna democristiano, è passato in secondo piano il contributo alla Liberazione delle forze non chiaramente di sinistra?
“E’ un discorso lungo, ma non credo che la storia abbia cancellato il contributo dato alla Liberazione dalle forze politiche e sociali di ispirazione cristiana e popolare così come da quelle liberali e socialdemocratiche. E’ stato un contributo determinante non solo per la Resistenza e la Liberazione, ma anche per l’affermazione dello stato democratico”.
Va fatta comunque una chiarezza in questo campo, però.
“Se non siamo passati da una dittatura fascista a una comunista lo si deve proprio alla Democrazia cristiana e ai suoi alleati nei decenni trascorsi. Lo si deve a personalità come Einaudi e De Gasperi che seppero traghettare il paese in una nuova collocazione saldamente democratica, europea e atlantica. In anni difficilissimi ci fu l’ancoraggio dell’Italia nella posizione giusta, evitando che potessimo scivolare verso il blocco sovietico o verso una svolta reazionaria”.
Parliamo di ordine pubblico, alla vigilia di un evento planetario come i funerali del Papa, dalle informazioni in suo possesso sarà un 25 aprile sobrio, come chiedete voi del governo, o potrebbe essere l’occasione per problemi di ordine pubblico?
“Purtroppo negli ultimi mesi ci siamo confrontati con il problema di alcune frange estreme che hanno tentato di utilizzare ogni ‘occasione’ per creare scontri e violenze, indipendentemente dal tipo di manifestazione o dal tema delle iniziative di piazza che, di per sé, dovrebbero costituire sempre un esercizio di libero pensiero democratico”.
Bisogna preparsi al peggio?
“No, detto questo, sono convinto che anche quest’anno si potrà festeggiare la Liberazione senza significative problematiche sul piano dell’ordine pubblico. In ogni caso ho massima fiducia nella professionalità e nell’equilibrio delle forze dell’ordine e nella loro capacità di garantire il diritto di manifestazione in piena sicurezza”.
Papa Francesco, che andò come primo atto a Lampedusa dopo la strage dei migranti che non mancò di fare sentire la sua voce sulle politiche migratorie del suo governo, non ha mai messo in discussione, almeno interiormente, la sua azione di ministro dell’Interno assai criticato a sinistra? “Le rispondo così. L’Italia è un paese che fa moltissimo per accogliere i migranti che arrivano regolarmente sul territorio nazionale, e, in ogni caso, ha sempre anteposto la tutela della vita umana anche nelle legittime azioni di protezione dei confini. Questo è avvenuto anche con il nostro governo che, peraltro, ha rafforzato i canali di ingresso regolari e i corridoi umanitari”. Francesco fu critico sui criteri d’accoglienza del governo. “Guardi, lo stesso Papa Francesco affermò in più occasioni come non si potesse accogliere illimitatamente, ma che l’accoglienza dovesse essere ragionevole per potersi tradurre in reale integrazione”


l'editoriale del direttore
Sobrietà a chi? Perché il 25 aprile sarà un test sugli antifascisti di professione
