
(foto Ansa)
Il colloquio
Bertinotti: “Meloni ineccepibile sul fascismo. Così la destra ritorna a Fiuggi”
L'ex presidente della Camera e leader di Rifondazione comunista: "Dalla premier un passaggio politico significativo. Ma per una svolta culturale vera c'è bisogno di un processo complesso. Fratelli d'Italia si appropri della storia della Resistenza"
“Le dichiarazioni di Meloni sul 25 aprile sono ineccepibili. E vanno registrate come un passaggio significativo nella sua biografia politica”. Lo legge così, Fausto Bertinotti, l’intervento di ieri della premier. Che ha parlato di giornata in cui “onoriamo i valori democratici negati dal fascismo”. Un ulteriore distanziamento da quell’eredità nostalgica? “Certo, anche in questa occasione non le è riuscito di dirsi antifascista, ma è comunque un grande atto politico”, argomenta l’ex presidente della Camera e leader di Rifondazione comunista. “E’ un ritorno a Fiuggi. Anche se la destra, da un punto di vista culturale, deve ancora appropriarsi della storia della Resistenza”.
Meloni già in altre occasioni dall’inizio della sua permanenza a Palazzo Chigi aveva marcato un distanziamento dal fascismo. Ad agosto 2022 disse che “la destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia da decenni”. Nell’ottobre sempre di quell’anno parlò delle leggi razziali come del “punto più basso della storia italiana, una vergogna che segnerà il nostro popolo per sempre”. Mentre due anni dopo, in seguito a un inchiesta giornalistica, esplicitò come “non c’è spazio in Fratelli d’Italia per razzismo o antisemitismo, né per chi è nostalgico dei regimi totalitari del XX secolo o per qualsiasi manifestazione di folklore sciocco”. Forse le dichiarazioni di ieri vanno persino oltre. “Sono, come ho detto, un passaggio politico significativo”, riconosce Fausto Bertinotti. Nelle ultime settimane proprio l’ex presidente della Camera aveva ingaggiato una polemica con la presidente del Consiglio a proposito del manifesto di Ventotene. Dicendo che per la tesi sostenuta in Aula le si sarebbe dovuto “tirare un libro addosso”. “Ma il mio era un invito figurato, mi sono guadagnato da tempo l’adesione alla nonviolenza sul modello di Marco Pannella e non trasgredisco alla regola”, scherza l’ex segretario di Rifondazione.
Se quindi le parole di ieri segnano un'ulteriore spinta al processo di modernizzazione di Fratelli d’Italia, nell’analisi di Bertinotti permangono però molti dubbi su una vera svolta culturale del primo partito di maggioranza. “Perché va bene registrare un atto politico necessario, ma poi la destra dovrebbe avere il coraggio di vivere come propria la grande storia della Resistenza. Le sue mille pagine, i suoi protagonisti e i suoi eroi. Questo credo che sia un processo più difficile, più complesso, di lunga lena, che però servirebbe a dare sostanza a queste dichiarazioni. La destra dovrebbe conquistarsi la sua storia di antifascismo”.
Secondo Bertinotti, peraltro, “anche tra gli storici che l’hanno studiata, la Resistenza, c’erano divisioni. C’era chi come Roberto Battaglia usava una definizione più a tutto tondo di Resistenza e chi usava la categoria di guerra civile, con un ventaglio grandissimo di culture politiche all’interno. Per questo il punto è se tu in quella storia in qualche modo ti riconosci. O se invece scegli di starne fuori”. Non è un discorso che tira in ballo, peraltro, solo i dirigenti della destra. Ma, ragiona ancora Bertinotti, “i popoli della destra. Per questo lo ritengo un percorso più faticoso e doloroso che se davvero avesse luogo potrebbe avere un impatto enorme, ancor più significativo. Questo in un momento in cui le destre, a livello mondiale, se non fasciste sono sempre più reazionarie. E scelgono, per esempio la destra trumpiana in America, di sfruttare l’immagine dei migranti detenuti come un modello da esportare. Altro che processo di modernizzazione”.
Ma allora, chiediamo ancora allo storico dirigente della sinistra comunista, per Fratelli d’Italia il passaggio in più dovrebbe essere quello di togliere la fiamma dal simbolo? “Io credo proprio che se un grande processo culturale fosse avviato davvero, quella sarebbe la naturale conseguenza. Ma se invece continui ad ammiccare ai residui di una cultura da cui dovresti allontanarti per sempre, è chiaro che il processo si complica”. Anche nelle polemiche innescate dall’invito del ministro Musumeci a festeggiare il 25 aprile con “sobrietà”, Bertinotti ravvisa un pezzo del suo ragionamento. “L’invito a essere sobri è una cosa grottesca. Anche qui, uno potrebbe o arrabbiarsi o sorridere. Ma quello che viene in nuce è la mancanza di una cultura politica che permetta di vivere la festa della Liberazione senza imbarazzi. Da questo punto di vista quello che credo manchi alla destra, a Fratelli d’Italia, è la sacralità di questa festa. E’ un processo lungo. Ma le parole di Meloni sul fascismo sono un inizio”.