La mafia delle ricostruzioni post terremoto
Sciascia parlava di linea della palma, per dire l’areale della mentalità mafiosa e degli scandali, e ne registrava la risalita. Se allarghiamo il concetto all’inefficienza pubblica bisogna dire che è risalita ulteriormente.
Sciascia parlava di linea della palma, per dire l’areale della mentalità mafiosa e degli scandali, e ne registrava la risalita. Se allarghiamo il concetto all’inefficienza pubblica bisogna dire che è risalita ulteriormente. Sono stato a Finale Emilia, tre anni dopo il terremoto, e ho visto un nuovo Belice, una nuova Irpinia, una nuova L’Aquila, ossia una ricostruzione di cui non si vede la fine. Pensare che non bisogna ricostruire un’intera città o una vasta area, pensare che siamo nell’illustre Emilia, già sazia e bene amministrata. Storie vecchie. La storia nuova è che la palma è arrivata in Val Padana: rocca degli Estensi a pezzi, torre dell’orologio a terra, municipio puntellato e chiuso, duomo puntellato e chiuso. E tecnici comunali arrestati appunto per mafia. Le transenne e i puntelli sono ovunque mentre i soldi e le speranze, a sentire gli autoctoni, da nessuna parte. Finale Emilia potrebbe essere ribattezzata Finale Italia. Dopo aver visto Finale prego che un disastro del genere alle mie città non capiti mai, perché mentre nel Diciassettesimo secolo la linea della palma era bassissima, collocata nemmeno in Sicilia bensì in Africa, e le città crollate venivano subito ricostruite più belle che pria (vedi Noto, Modica, Ragusa), nel Ventunesimo una città terremotata è, colpa della maledetta palma, una città finita.