L'esteta che non ha fatto entrare il sindaco di Messina scravattato
C’è un esteta a Palermo. C’è un uomo di cui non conosco il nome, forse un usciere, forse un funzionario consapevole di quanto l’abito faccia il monaco, e figuriamoci l’uomo, che a Palazzo dei Normanni, sede del Parlamento siciliano, non ha fatto entrare il sindaco di Messina scravattato.
C’è un esteta a Palermo. C’è un uomo di cui non conosco il nome, forse un usciere, forse un funzionario consapevole di quanto l’abito faccia il monaco, e figuriamoci l’uomo, che a Palazzo dei Normanni, sede del Parlamento siciliano, non ha fatto entrare il sindaco di Messina scravattato. Renato Accorinti aveva intorno al collo la sciarpetta multicolore dei preti apostati (non so come mai ma quella sciarpetta lì l’ho sempre vista addosso a quei preti lì) e si è messo fuori dal portone, davanti alle telecamere, a cianciare di violazione dei diritti dell’uomo. Ha parlato di diritti come tutti coloro che non conoscono i propri doveri (un uomo pubblico ha soprattutto doveri, se non vuole averne può benissimo starsene a casa). Doveri nei confronti della propria città (Messina è famosa per Antonello, magnifico ritrattista di uomini perfettamente sbarbati e stirati), della propria patria (l’Italia non è stimata nel mondo per i suoi politici ma per i suoi stilisti), dei propri connazionali (una cravatta Marinella, Ulturale o Rubinacci dà lavoro a chi con le tasse paga i servizi comunali, le sciarpette multicolori le fanno in Ecuador), delle proprie istituzioni (dall’alto di quel Palazzo dei Normanni dieci secoli di storia osservano, e bisogna mostrarsene degni). Sterne e Balzac hanno scritto intere pagine su come l’abbigliamento condizioni il comportamento. La cravatta ci migliora solo in parte, d’accordo, eppure quella striscia di stoffa proprio perché stringe, proprio perché uniforma, ha una funzione civilizzatrice: ti ricorda che tu non sei solo tu, ma anche tanti altri.