Spiegare ai preti il male metafisico con Bob Dylan
Che i sacerdoti vadano a scuola di predica dal Rabbino e dal Principe, da Bob Dylan e da Francesco De Gregori. Quest’ultimo, con quell’amore che alla maniera di Sandro Penna fa rischiare lietamente il disonore, ha rubato e tradotto “Sweetheart like you” ricavandone “Un angioletto come te”. Riuscendo a non tradire sé stesso (l’angioletto ricorda il fiorellino di “Rimmel”) né Dylan, salvando il suono Dire Straits del vecchio disco con Mark Knopfler alla chitarra ma soprattutto il tono predicatorio, potentemente biblico: “Facevi meglio a restare a casa / e non andartene in cerca di guai”. Il Rabbino e il Principe non temono di apparire accigliati e fanno il contrario dei preti di mondo ossia prendono la croce della verità al prezzo dell’antipatia. Nella canzone c’è un passaggio che oltre a essere puro Dylan e puro Vangelo (Dylan è un rabbino cristiano) è puro René Girard, tanto per citare un altro gigante: “Scappa da tutto questo, la gente è gelosa / fanno finta di amarti e ti odiano senza un perché”. Che i sacerdoti si ricordino e ricordino che la radice profonda dell’odio non è sociale bensì metafisica. Il male si agita dentro di noi e va tenuto a bada con prediche severe, di predicatori che non abbiano paura di sembrare tali, e che non si facciano bagnare il naso da due cantanti.