La storia di Luigi Ferrari che sparò a Garibaldi un po' del Macbeth ce l'ha

Camillo Langone
Leggo Arrigo Petacco e penso a Shakespeare. Non che lo stile dello storico ligure ricordi molto quello del drammaturgo inglese, eppure “Ho sparato a Garibaldi.

    Leggo Arrigo Petacco e penso a Shakespeare. Non che lo stile dello storico ligure ricordi molto quello del drammaturgo inglese, eppure “Ho sparato a Garibaldi. La storia inedita di Luigi Ferrari, il feritore dell’Eroe dei Due Mondi” (Mondadori) qualcosa del “Macbeth” ce l’ha. Perché la vita del bersagliere di Castelnuovo Magra (lo stesso paese di Petacco) che sull’Aspromonte sparò suo malgrado al fanatico condottiero sembra precisamente “una favola piena di rumore e furore, che non significa nulla”. Nel libro anche la vita di Garibaldi, per quanto osservato a distanza o forse proprio per questo, appare rumorosa, furente e insignificante. Né Petacco né il coautore Marco Ferrari (discendente del biografato?) hanno ambizioni revisionistiche, eppure nelle loro pagine l’intero Risorgimento sembra “una favola piena di rumore e furore, che non significa nulla”. Questo sembra perché questo era. Oggi, di tanto strepito, rimane la toponomastica e il libro di un vecchio storico che ci ricorda l’insignificanza del rumore.

    • Camillo Langone
    • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).