La gara degli alberi di Natale
“Roma perde la disfida degli alberi di Natale” titola Repubblica e dunque non ho usato la parola gara a sproposito
Grazie a Dio sono cristiano. Un cristiano ha i problemi di ogni altro uomo, tranne uno: l’albero di Natale. In questo periodo i pagani, anche padani, anche appenninici, si affannano a segare, addobbare, illuminare abeti alpini. Tra i sindaci pagani (ossia tra tutti i sindaci, vista la scomparsa del cristianesimo dalla scena pubblica) si è scatenata una gara a chi ce l’ha più alto. “Roma perde la disfida degli alberi di Natale” titola Repubblica e dunque non ho usato la parola gara a sproposito. La capitale risulta sconfitta perché l’albero agonizzante a piazza Venezia è meno luccicante di quello agonizzante in piazza del Duomo a Milano, con più palle e più led grazie allo sponsor il cui nome, Pandora, al succitato paganesimo rimanda. L’abete milanese ha pure un nome, Joy, giusto per confermarne la natura di idolo sentimentale, mammonico e anti-italiano. Poi c’è l’immediatamente satanico albero capovolto di Pietrasanta, quindi c’è il più sottilmente luciferino (in senso etimologico) albero di Torino, infine c’è l’albero meccanico napoletano, alto come la hybris del sindaco De Magistris, visitabile da 450 pagani alla volta. Grazie a Dio ho il mio presepino.