La neve e il riscaldamento climatico come una benedizione
Si legge “Dove porta la neve” sperando che davvero il global warming dipenda dall’uomo
“Dove porta la neve” di Matteo Righetto (Tea) è una favola e come ogni favola che si rispetti (come ogni favola di una volta, stavo per dire) mette innanzitutto paura. Questa favola triveneta, ambientata fra Padova, Alpi e Polesine, mette la paura della neve, che piace ai bambini ignari di tutto e agli adulti che non devono viaggiare o che possiedono grossi Suv con quattro ruote motrici e gomme nuove (la neve è classista). Nelle pagine più angosciose del libro la neve arriva a essere morte bianca e porta a pensare che il riscaldamento climatico sia una benedizione, come dice anche Putin che essendo russo di neve se ne intende. Si legge “Dove porta la neve” sperando che davvero il global warming dipenda dall’uomo: non è provato ma è certamente possibile che almeno in parte sia di origine antropica (automobili, riscaldamenti, allevamenti…), dunque si accendano i diesel, si alzino le caldaie, si arrostiscano le salsicce per allontanare il pericolo di tormente e valanghe.