Scrittori in sella contro il Drago
Assistiamo all’agonia del libro stampato e all’aborto del libro digitale. O forse no
Sul Corriere leggo Giuliano Vigini e i suoi numeri: la percentuale di italiani che leggono almeno un libro all’anno continua a calare, adesso siamo al 40 per cento. In piazza del Duomo incontro Paolo Nori a cui da tempo volevo chiedere notizie della casa editrice di e-book di cui è socio. Mi spiega che nonostante fossero arrivati ai vertici delle classifiche specializzate ci guadagnavano poco o niente e dunque hanno sospeso le pubblicazioni: “Siamo in sonno, come i massoni”. Mi convinco pertanto di assistere all’agonia del libro stampato e all’aborto del libro digitale. Tristezza. Poi leggo per l’appunto un libro, “Editori vicini e lontani”, in cui Cesare De Michelis condensa le storie dei principali editori italiani dal Settecento a oggi. E mi consolo perché l’autore (editore anch’egli e per giunta mio editore) mostra come le crisi, i debiti, i fallimenti siano costanti dell’editoria da sempre: oggi c’è internet, d’accordo, ma ieri c’era l’analfabetismo… Sia lodato De Michelis editore e editorologo (al seminario in corso della Scuola librai di Venezia lo hanno chiamato per parlare di Aldo Manuzio) per il suo elogio ostinato dell’oggetto libro, capace di “distinguere quel che è destinato a passare da quanto è necessario che resista e duri”, definizione grazie alla quale noi che scriviamo libri veniamo nominati Cavalieri della memoria, pronti a lanciarsi contro il Drago dell’entropia.