Prego di non dover mai scegliere tra il gagà congolese e un mio connazionale in pantaloni corti
Un libro di Massimiliano Mocchia di Coggiola racconta le numerose varietà di maniaci dello stile: dandy e incroyables, elegantoni e viveur, estetini e chiattilli, e i "sapeur" di Brazzaville
La musica unisce al di là delle differenze razziali e culturali, si dice. Non mi sembra proprio: fra me e chi ascolta rap l’abisso è sempre più profondo. Semmai è l’eleganza ad avvicinare. Me ne sono convinto leggendo “Il gagà. Saggio sull’abuso dell’eleganza” di Massimiliano Mocchia di Coggiola (Giubilei Regnani), un libro, se non definitivo, definitorio: “Il gagà altro non è che una sorta di eccentrico conformista, sorta di dandismo banalizzato”. Un libro quindi sulle numerose varietà di maniaci dello stile: dandy e incroyables, elegantoni e viveur, estetini e chiattilli… Un libro antirazzista, perfino, quando Mocchia (che di suo è parecchio dandy) parla dei gagà di Brazzaville. Ufficialmente si chiamano “sapeur” e sono congolesi che dell’eleganza abusano moltissimo e ne fanno colore, spettacolo, mestiere, resistenza al contesto miserabile (spesso vivono in baracche). Un abuso benedetto, dunque, perché incuranti del ridicolo esprimono “un reale bisogno di Bellezza”. Prego di non dover mai scegliere fra un mio connazionale in braga corta e uno di questi africani vestiti di tuttissimo punto.