Crisantemi non mimose per la Festa della donna
La scuola, le classi miste e la parificazione dei programmi, hanno prodotto donne indifferenziate rispetto agli uomini e dunque aventi come obiettivo l’indipendenza economica e non la maternità
Crisantemi, non mimose. Dovrebbero essere quelli dei morti i fiori simbolo dell’Otto Marzo. Il legame tra crollo della natalità e boom della velleità femminile è evidente a chi osservi con sguardo libero l’Italia dell’ultimo mezzo secolo. E’ evidente a Massimiliano Fiorin di cui sto leggendo “La cultura del matrimonio. Introduzione alla Conciliazione Familiare”. Fiorin è uno strano avvocato che anziché aizzare i separandi fiutando la parcella, cerca di rimetterli insieme (Dio gliene renderà merito, non so il suo commercialista). Nel libro individua la causa del conflitto fra i sessi nel femminismo “terza grande ideologia totalitaria del Novecento, la terza grande utopia che ha cercato di costruire un modello di umanità completamente nuovo”. Al contrario di comunismo e nazismo, il femminismo ha trionfato, è diventato senso comune ed essendo onnipresente non viene nemmeno più riconosciuto come tale. Secondo Fiorin è stata innanzitutto la scuola, le classi miste e la parificazione dei programmi, a produrre donne indifferenziate rispetto agli uomini e dunque aventi come obiettivo l’indipendenza economica e non la maternità. Da qui l’Italia ridotta a ospizio e conseguente cimitero. Da qui la necessità che il fiore dell’Otto Marzo non sia la mimosa bensì il crisantemo.