Pedalare per Parma e scoprire la Mecca
Una città famosa per i salumi di carne suina che favorisce l’insediamento islamico non ha perduto l’identità, ha perduto la ragione
Pedalo per Parma come fra i resti di una civiltà perduta e vedo i suoi monumenti come templi nella giungla della Cambogia e dello Yucatan, privati dell’originaria funzione, immersi in un contesto selvaggio e del tutto incomprensibili agli attuali visitatori. In quello che fu il convento dei frati di San Francesco da Paola vedo aprire una sala di preghiera per studenti universitari maomettani, siccome Dio acceca chi vuole perdere: una città famosa per i salumi di carne suina che favorisce l’insediamento islamico non ha perduto l’identità, ha perduto la ragione. In quello che fu il parco Ducale vedo il Tempietto d’Arcadia, delizia neoclassica pensata per lo svago appunto delle duchesse, ridotto a discarica di rifiuti, superficie per graffitari, fondale per concerti di tamburi africani (all’imbrunire sono l’unico italiano in ettari ed ettari di giardino). Mi inoltro in bicicletta per via D’Azeglio come Conrad in battello sul fiume Congo: l’Oltretorrente è il cuore di tenebra di una città che secondo chi crede agli schermi è amministrata da un votatissimo sindaco, secondo me che credo solo ai miei occhi è in balia dell’accattonaggio e dello spaccio. Se questo è un modello politico, sia considerato un modello politico di uscita dalla cultura occidentale.