L'obbligo della mensa scolastica è guerra dello stato contro le famiglie e contro la libertà di espressione
Dietro a un menù unico c’è inevitabilmente un pensiero unico, inevitabilmente poverissimo in una società sempre più multiculturale in cui la lista degli ingredienti non problematici sarà sempre più corta
L’uomo è ciò che mangia, dice Feuerbach, ma ancor più, dico io, ciò che ha mangiato da bambino. Sono convinto che io non sarei io senza l’onnivorismo totale a cui sono stato educato da piccolo: mangiare qualsiasi cibo ti venga messo davanti oltre che una forma di rispetto verso i genitori è un’iniziazione al sommo metodo paolino (“Vagliate ogni cosa e trattenete il valore”). La legge in discussione al Senato sull’obbligatorietà della mensa scolastica è un altro episodio della guerra dello Stato contro le famiglie e contro la libertà di espressione. Dietro a un menù unico c’è inevitabilmente un pensiero unico, inevitabilmente poverissimo in una società sempre più multiculturale in cui la lista degli ingredienti non problematici sarà sempre più corta. Quando si arriva ad affermare che “i servizi di ristorazione scolastica sono parte integrante delle attività formative ed educative erogate dalle istituzioni scolastiche” è chiaro che si sta pensando a erogare ideologia, non gastronomia. Il piatto scolastico perfetto sarà, per il ministero, biologico e sostenibile, solidale e vegetariano, magari vegano. E allora non basta compiacersi dell’essere cresciuti negli anni prima della decomposizione di questa povera patria: nelle famiglie si faccia contro-alimentazione somministrando ai pargoli salami industriali.