Onore alla carne cruda, sia essa di asino, bufalo o cavallo
Che possa ricordare l’estate del 2017 non come l’estate dei terremoti, degli attentati e delle rivolte dei rifugiati ma come l’estate della carne cruda
Non è vero che il meglio è passato se ogni estate puoi scoprire qualcosa di nuovo e di buono. Io, che pure sono un cultore di cibi estremi da sempre, non mi sono mai cibato di carne cruda come quest’estate: asino crudo a Trani (bistrot La Kambusa), bufalo crudo a Reggio Emilia (steak hall Mattatoio), cavallo crudo a Parma (ristorante Parizzi). Grandi momenti. Vette del gusto. Bravi loro e bravo io che sfrutto la presente deculturazione anziché subirla. Avendo letto Lévi-Strauss (“Il crudo e il cotto”) riconosco benissimo il lato oscuro, russoviano-selvaggio-barbarico, dell’odierno rifiuto delle lunghe cotture e del contemporaneo boom del crudo, percepito come più fresco, leggero, naturale. Intanto però mi godo il lato chiaro, quello edonistico-energetico-entusiastico. Che possa ricordare l’estate del 2017 non come l’estate dei terremoti, degli attentati e delle rivolte dei rifugiati ma come l’estate della carne cruda, e che impari ad approfittare della deculturazione (con un metodo a metà strada fra l’evoliano “cavalcare la tigre” e il cristiano “io vi dico di non opporvi al malvagio”) in ogni altro ambito.