Il tristissimo Museo del Risorgimento di Torino
Più che altro dovrebbero chiamarlo "Museo dell'affossamento"
Chi fosse tentato dallo schierarsi nello scontro Catalogna-Castiglia visiti il Museo del Risorgimento di Torino. Io l’ho fatto. Perché anch’io temevo di sbandare, dal lato della Catalogna quando pensavo a Dalì, Mirò, Gaudì, alla lingua prossima all’italiano, da quello della Castiglia quando pensavo ai Borboni, a Cervantes, ad Antonio López García, alla corrida… Trenta sale tappezzate di quadri brutti, divise tarmate, armi arrugginite, e poi la cella di Silvio Pellico, l’ultima camera da letto di Carlo Alberto, la maschera mortuaria di Cavour: le mummie del vicino Museo Egizio sono più divertenti. Risorgimento? Più che altro affossamento. Schiere di morti, feriti, mutilati, incarcerati, esiliati, giustiziati: ma perché? Qualcuno si ricorda il motivo? Ne valeva la pena? A un certo punto mi soccorre Shakespeare, l’idea della storia come “favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla”. Il tristissimo Museo del Risorgimento di Torino è un potentissimo vaccino contro il prendere parte.