Riccardo Ruggeri è un antidoto al pessimismo. Come le sue scarpe
Presentista non acritico, crede sia possibile un futuro migliore. Senza utopismi, anzi con realismo
Un altro maestro a cui ricorro quando abbisogno di antidoti al pessimismo è Riccardo Ruggeri. Non per la sua fantastica parabola da tornitore a imprenditore, che temo irripetibile. Ma perché dimostra che si può essere attentissimi al mutamento ed estranei al rimpianto anche a 82 anni (mentre l’Italia è piena di quarantenni che sospirano sul buon tempo andato). Presentista non acritico, crede sia possibile un futuro migliore. Però senza utopismi, anzi con un realismo che ricorda Prezzolini (infatti suo riferimento). Come quel gran conservatore, Ruggeri è uscito dall’Italia fiscale rimanendo all’interno dell’unica Italia davvero importante ossia l’Italia linguistica, dunque in Canton Ticino (qui l’ammirazione si fa quasi invidia). Con la sua nuova attività di commentatore mi sprona a scrivere tormentoni, avendone coniato lui di magnifici (“le felpe californiane” spiega perfettamente i nuovi padroni del mondo che da Zuckerberg in giù ti fregano presentandosi giovanili e amichevoli). A essere meno decadente, ribadendomi che la crisi economica è conseguenza della crisi morale e quindi solo per vie morali è risolvibile. A immaginare un domani perfino nel giornalismo: sopravviverà, dice Ruggeri, però elitario come al tempo di Cavour (fondatore di piccoli giornali influenti). Ci incontriamo a pranzo e noto le sue strane scarpe, chiedo lumi e mi dice che sono disegnate da Rick Owens, lo stilista che ha lanciato a livello mondiale con una delle sue varie aziende: purtroppo non potrei mai portarle perché dei due, per quanto riguarda il guardaroba, l’ottantenne sono io.