Perché l'autonomia del Veneto è una questione di lingua
Aveva ragione Sant’Isidoro di Siviglia: ex linguis gentes, le lingue fanno i popoli
Sant’Isidoro di Siviglia, hai avuto come sempre ragione: ex linguis gentes, le lingue fanno i popoli. Compulsando i dati del referendum veneto sull’apposito sito, comune per comune, ho avuto subito la sensazione che l’affluenza (e quindi il Sì) viaggiasse in parallelo con la venetofonia. Tutti i capoluoghi, dove il veneto lo si parla poco, hanno votato meno delle rispettive province, pullulanti di comuni dove il veneto lo si parla ancora parecchio. Ho pensato anche ad altre due ipotesi. L’autonomismo fiorisce: 1) dove c’è meno impiego pubblico; 2) dove c’è più piccola impresa. Ma pure queste riflessioni riportano, Sant’Isidoro, alla tua affermazione iniziale, siccome negli enti pubblici si parla italiano, ovvio, e per entrare in Benetton non credo sia utile inserire nel curriculum la conoscenza a livello C2 del trevigiano Sinistra Piave. La questione della lingua spiegherebbe pure l’insuccesso del referendum lombardo nella Milano orgogliosa del nuovo quartiere City Life, mica del vecchio Sant’Ambroeus. Se oltre che venetista fossi anche veneto organizzerei un Te Deum di ringraziamento con antichi canti patriarchini e la preghiera in lingua peculiare: “Pare nostro, che sei nel ciel, santificà sia el vostro nome…”.