Caporetto e l'incapacità, tutta italiana, di distinguere tra dottore e valore
Una delle cause della disfatta fu la mania del pezzo di carta che portò giovanissimi esperti di grammatica a comandare reparti in prima linea
Dottor Caporetto. L’ho sempre saputo, forse anche prima di leggere in proposito Einaudi e Flaubert, che i titoli disonorano. Ancora oggi devo reprimere l’ira quando al telefono una voce non necessariamente meridionale o statale mi chiama “dottore” offendendo il mio nome, il mio cognome, i miei liberi studi. Dunque mi giunge graditissimo quanto scrive Alessandro Barbero nel suo “Caporetto”, gran libro Laterza: “Proprio alla vigilia di Caporetto ci fu la decisione, appena messa in pratica, di obbligare a diventare ufficiali tutti coloro che avevano un titolo di studio”. Una delle cause di quel disastro fu pertanto la mania italiana del pezzo di carta, grazie alla quale giovanissimi esperti di grammatica vennero spediti a comandare reparti in prima linea, mentre ai sottufficiali esperti di pratica non restava che obbedire. Un problema squisitamente nazionale: racconta Barbero che l’esercito tedesco (a Caporetto determinante) pur essendo espressione di una società non meno classista della nostra era solito promuovere per meriti militari e nessuno comandava una Sturmkompanie solo perché gli era andato bene l’esame su Hegel. Che non servano altri cent’anni per capire la differenza fra dottore e valore.