Preghiera per un libro postumo di Mario Perniola
E' scomparso il filosofo che difendeva la natura elitista dell'arte e che rinnegava la dicotomia conservatori/progressisti
Era un elitista, Mario Perniola, combatteva “l’idea populistica secondo cui l’arte può essere fatta da tutti”. Sarà per questo che nei cataloghi non lo vedevo mai citato: i curatori, che di inflazione artistica campano, preferivano virgolettare Deleuze, perfino Vattimo. Era un conciso e per essere un professore universitario scriveva bene, libri importanti e sottili. Era un titolista: ancora non lo conoscevo quando a Riccione, a casa di Isabella Santacroce, vidi “Il sex appeal dell’inorganico” e mi bastò la copertina per restare folgorato. Era un aggiornato, pur settantenne aveva percepito la vecchiaia di Facebook (infatti noi giovani siamo tutti su Instagram). Era un formalista, per quanto riguarda la religione non credeva nella dicotomia conservatori/progressisti bensì in quella spontaneisti/formalisti, e parteggiava per il rito “che almeno salva la socialità”. Fino a ieri pensavo fosse il numero due e forse mi sbagliavo perché il filosofo numero uno, Emanuele Severino, scrive sempre lo stesso libro mentre lui scriveva ogni volta un libro davvero diverso, risultato di un’inesausta, quasi ragazzina curiosità. Oltre che per la sua anima prego dunque per l’uscita di un libro postumo: sarà un libro vivo.