Ci sono troppe omelie mondane nelle quali la parola di Dio è ormai un incomodo
Il messaggio diffuso dal vescovo di Parma per Sant’Ilario è abbastanza allucinante: una lezioncina sociologica in cui non nomina il Santo una volta, preferendo citare Galimberti e Bauman
Sant’Ilario, patrono della mia città, mi devo giustificare. L’altro giorno non sono venuto in Duomo alla messa in tuo onore. Da tempo evito le funzioni celebrate dai vescovi, ovunque e con particolare attenzione a Parma dove nel 2016 monsignor Solmi cedette il pulpito della cripta a un imam. Tu, Sant’Ilario, che contro i vescovi eretici scrivesti addirittura un libro (“Adversus Valentem et Ursacium”), spero capirai questo mio esilio interno, questo mio ritirarmi nei santuari mariani e nelle chiese dei frati. Io non sono un Santo e forse sbaglio ma non ho abbastanza fede per sopportare omelie mondane in cui la parola di Dio è ormai un incomodo. Il messaggio diffuso dal vescovo per Sant’Ilario (l’ho letto su internet) è abbastanza allucinante. Una lezioncina sociologica in cui non ti nomina una volta, preferendo citare Galimberti e Bauman per introdurre qualcosa che somiglia a una nuova religione, un cambio di orientamento da Dio a Bio: “Lo sviluppo della città nella logica di una ecologia integrale resta il fine al quale tutti debbono tendere”. Però, Sant’Ilario, non ti ho dimenticato, l’altro giorno in tuo onore ho mangiato le scarpette, i tradizionali biscotti a te dedicati (il pasticcere della Pasticceria Torino ti è rimasto fedele).