Libertà è disconnessione
Il mondo connesso è un intreccio di catene che nessun liberale potrà spezzare. Meglio la soluzione parziale delle "no phone zone"
Libertà è disconnessione e Jack White lo ha capito meglio di Timothy Garton Ash. Il primo è un chitarrista di Detroit talentuoso e nevrotico, il secondo un professore di Oxford liberale e ragionevole. Il musicista ha vietato l’uso degli smartphone ai suoi concerti, con lo slogan “Goditi un’esperienza al 100% umana”. Verranno sigillati dentro una speciale pochette e così nessuno potrà fotografare/registrare/sputtanare nessuno: più libertà ai musicisti sul palco e agli spettatori in platea (che so, le spettatrici in momentaneo delirio dionisiaco potranno mostrare le tette senza vederle diffuse il giorno dopo sui social). Mentre lo studioso nel suo “Libertà di parola. Dieci principi per un mondo connesso” (Garzanti) ha scritto che “se crediamo nella libertà come valore, invece di incrementare i divieti imposti giuridicamente dovremmo ridurli”. Campa cavallo: gli amici della libertà sono sempre meno, il pianeta è dominato dai permalosi, dagli invidiosi, da gente che vuole leggi contro l’istigazione all’odio perché odia la libertà di espressione. Il mondo connesso è un intreccio di catene che nessun liberale potrà spezzare: ci si acconci pertanto alla soluzione parziale delle “no phone zone”, luoghi privi di telefoni-spia dove si possano tramandare parole, pietanze, pratiche proibite.