Potessi farmi napoletano
Ecco la “Giornata della disconnessione” nella città partenopea. Che con l'abito da Pulcinella si dimentica dei debiti
Potessi farmi napoletano. Potessi anch’io riempirmi di debiti e fare il lazzaro o il De Magistris felice, e poi inventare la (o partecipare alla) “Giornata della disconnessione” che rilancia nel contemporaneo la vecchia, folcloristica figura del napoletano sfaticato (ormai la connessione è obbligatoria in quasi tutti i lavori, anche i pizzaioli di via dei Tribunali hanno software e touch screen). Goethe diceva che a Napoli “tutti vivono in una specie di ebrezza e di oblio di se stessi”. Potessi anch’io dimenticarmi, potessi anch’io il 21 marzo aderire, in una specie di ebrezza, all’appello dell’assessore Nino Daniele: “Invitiamo i cittadini ad andare in libreria, ad ascoltare musica, a teatro, a ballare, a recitare poesie o serenate o abbracciarsi, baciarsi, fare all’amore, fare girotondi, sfilate in costume…”. Le serenate! I baci! L’amore! Un programma ubriacante. A vestirmi da Pulcinella magari mi vergogno e il girotondo non ricordo come si fa, l’ultima volta avrò avuto cinque anni, ma come diceva Domenico Rea “mai sentita la parola dignità a Napoli” e non vorrei essere io il primo a pronunciarla, rischiando di rovinare la festa. Potessi farmi napoletano e soprattutto potessi trovare il sobrio che paga.