Quando la lingua italiana ti salva il fegato
Profondo disgusto per i nomi anglosassoni affibbiati ai cocktail. Per questo scelgo solo il vino
La lingua italiana è bella e fa bene. Anch’io come gli accademici della Crusca sono contrario all’invasione dell’inglese e non solo nella scuola, anche nei locali. Un bel giorno mi sono stufato della parola cocktail e disperando di farmi capire ordinando un coccotello, o coda-di-gallo, arlecchino, polibita, mi sono messo a frequentare i posti dove si serve in prevalenza vino. Liberandomi al contempo dai temibili superalcolici e da una nomenclatura servile a base di shot, tumbler, drink, jigger, shaker, stirrer, twist, zest, barwoman, bartender… Sia benedetto il patriottismo linguistico che ha salvato il mio fegato.