Le nonne morte sono l'alibi di chi si è arreso
Tutti a parlarmi di quello che facevano, cucinavano, indossavano i loro nonni
Sono inseguito da orde di nonne morte, non so più dove fuggire. Ogni volta che faccio sapere di aver fatto qualcosa, qualcuna mi segnala con tono di rimpianto che anche sua nonna lo faceva. E così io rivesto il ruolo del nonagenario e la mia interlocutrice quello di chi dilapida tradizioni. Posto su Instagram un piatto di animelle gustate nel ristorante di Oliver Glowig e qualcuna ricorda che gliele faceva sua nonna (difficile fossero buone come quelle del cuoco romano-germanico: la cottura a bassa temperatura allora non esisteva). Oppure pubblico un panetto del superiore burro Fratelli Brazzale e a qualcuna rammenta il burro che preparava la nonna (bene, ma adesso Roberto Brazzale ci risparmia la fatica di zangolare e anche la nonna avrebbe preferito). Scrivo delle mie avventure di macellazione domestica e qualcuna evoca la nonna depositaria di un metodo perfetto per uccidere oche, galline, conigli (scomparso con lei, purtroppo). Non solo nonne, anche nonni: parlo in pubblico del tabarro e qualcuna mi informa che il nonno lo portava. Solo la cortesia mi impedisce di chiederle come invece si vestono padri, fratelli, mariti, figli. Le incolpevoli nonne morte sono l’alibi di chi si è arreso, l’acqua passata che non macina più, la nostalgia preferita all’impegno nel presente... Qualcuno mi salvi dalle nonne morte e dalle nipoti semivive.