Vissani, l'ultimo edonista dei fornelli
L’alta cucina dev’essere amorale, esattamente come l’arte di cui in effetti è una branca. Lui è l’ultimo uomo
Riuscissi davvero ad aprire la trattoria Da Gianfranco, con Gianfranco Vissani. Lui è l’ultimo cuoco, dopo di lui un diluvio di pance piatte e preti mancati e penso a Bottura che trasforma ogni pranzo in predica, Romito che i tortelli li farcisce di etica, Niederkofler che nel menù pretende la virtù. Mentre Gianfranco è l’ultimo edonista: l’alta cucina dev’essere amorale, esattamente come l’arte di cui in effetti è una branca. Lui è l’ultimo uomo: le donne gli piacciono davvero e con loro ha un approccio che non vedevo da quando facevo il bagnino in Romagna, sto dunque parlando del tempo remoto della sovranità virile. Lui è l’ultimo uomo libero: dice il cento per cento di quello che pensa, anche davanti alle telecamere, non come me che in pubblico non supero la dose montaliana del 5 per cento. Lui è l’ultimo talento naturale: gli altri cuochi arrivano a saper fare qualcosa per secchionaggine, Gianfranco, “omo sanza lettere”, non ha bisogno di applicarsi perché Dio gli ha dato il palato assoluto (sempre scherzoso, quando andiamo a cena fuori diventa serissimo, non gli sfugge un errore). Lui è l’ultimo italiano: non sono perfettamente italiani i romani né tantomeno i milanesi, sono perfettamente italiani gli italici, chi come lui nasce in una regione fuori mano e, privo di complessi, fiero del suo essere autoctono e appenninico, rifiuta di inurbarsi. Io vorrei dare una nuova direzione alla sua impressionante energia di uomo “larger than life”, anziché nel suo ristorante stellato vorrei vederlo nella nostra trattoria verace, a inventare nuovi paradigmi per la cucina regionale, e insieme stiamo cercando un socio con i soldi. Come slogan ho pronta una seconda citazione leonardesca: “Salvatico è quel che si salva”.