Il cibo artigianale è una fake news
Chi crede sia possibile gustare biscotti al contempo buoni, economici, non industriali e legali, crede nei miracoli
“Vuole anche un biscotto artigianale?” mi chiede la barista della stazione, evidentemente addestrata. Sgrano gli occhi: fra me e lei c’è una montagna di M&M’s, i coloratissimi dolciumi della multinazionale americana Mars. Il settore alimentare un poco lo conosco e le possibilità che un prodotto artigianale entri in un locale di catena (l’unico bar della stazione è un locale di catena) immagino siano prossime allo zero. Ma nessuno sa niente e la barista potrà ripetere tranquillamente la sua filastrocca per giorni e settimane: “Vuole anche un biscotto artigianale?”. In verità l’aggettivo ha ormai accezione vaghissima e di estensione in estensione può darsi pure che il biscotto della stazione possa in qualche modo rientrarvi.
Del resto l’Italia è piena di gelati sedicenti artigianali, colorati e standard non meno degli M&M’s. La parola “artigianale” è pura propaganda, intrinsecamente vuota e definibile solo per esclusione: significa “non industriale” o addirittura, ancor più allettante per le masse pauperiste, “anti-industriale”. E pensare che oggi il cibo deve costare pochissimo (la quota di reddito destinata all’alimentazione continua a calare) e che solo l’industria, la produzione su larga scala, può comprimere i prezzi. Chi crede sia possibile gustare biscotti al contempo buoni, economici, artigianali e legali, crede nei miracoli. Anch’io credo nei miracoli, ma in altri campi, e mi limito a sperare in una barista che abbia rispetto per la mia intelligenza e la prossima volta che ordino un caffé mi chieda: “Vuole anche un biscotto industriale? Oppure, in alternativa, un biscotto carissimo?”.