I Mondiali li vincerà la squadra coi giocatori meno tatuati
Viva gli atleti capaci di non conformarsi al tribalismo pagano, di non somigliare a un cannibale del Borneo
Mi esortano a guardare i Mondiali di calcio e io, anche per capire cosa ci trova la gente, guardo. Il fatto sportivo non mi interessa, mi annoia, e mi scopro ad aspettare che vengano inquadrate le panchine. I giocatori sono vestiti tutti uguali, da regolamento, mentre gli allenatori si abbigliano a loro discrezione o almeno così credo. Fra campo e bordo campo sono dunque gli individui più interessanti. A un certo punto mi accorgo di simpatizzare per l’allenatore che porta la cravatta, un gentiluomo rispetto al collega che indossa una maglietta buzzurra stretta sulla panza. La regia insiste nel mostrare i calciatori e mi sforzo di trovare qualche spunto perfino in loro: ci sono, i tatuaggi! Una squadra è complessivamente meno imbrattata dell’altra ed è la squadra che sta vincendo. Che Dio, avverso ai tatuaggi (Levitico 19,28), sia con loro? Il gol del raddoppio lo segna un giocatore dalle braccia pulite, un atleta capace di non conformarsi al tribalismo pagano, di non somigliare a un cannibale del Borneo. Prego di non diventare tifoso della Croazia, sarebbe troppo.