I vescovi pensino ad aiutare le persone, non le nazioni
Un cristiano non può farsi carico dei problemi di un continente. Altrimenti si entra nel territorio della superbia e dell’esibizionismo
Dodici persone, non dodici nazioni. Mentre vescovi dai quali lo Spirito Santo si è ripreso indietro il dono dell’intelletto vorrebbero che ogni italiano si facesse carico dei problemi di Algeria, Bangladesh, Costa d’Avorio, Eritrea, Guinea, Mali, Marocco, Nigeria, Pakistan, Senegal, Sudan, Tunisia, un prete sottolinea che Gesù ha lavato i piedi a dodici persone. “Dodici non tredici. Questi non quelli”. In “Cento minuti sul Vangelo” (Berica Editrice) padre Maurizio Botta commenta i passi evangelici e Giovanni 13 fa al caso nostro. “Quante volte ho visto generiche passioni per i lontani. Tuffi carpiati nel volontariato sociale. Paternalisti e indulgenti fuori, mai con lo sposo o con la sposa. Buonisti all’esterno con i lontani, mai buoni con i credenti come te. Uomini irenisti e ottimisti sul mondo, ma che ai propri sacerdoti non perdonano nulla”. Un cristiano può lavare i piedi massimo a dodici persone. Superato tale numero si entra nel territorio della superbia, dell’esibizionismo, della follia di voler essere migliori di Dio. Io comunque sono molto lontano dall’aver lavato i piedi, nell’intero arco della mia vita, a dodici persone, e significa che in fatto di carità ho grossi margini di miglioramento. Chi invece pensa sia doveroso e possibile lavare i piedi a dodici nazioni in fatto di pazzia non può spingersi oltre.