La cucina stellata lascia l'anima affamata
La retorica della freddezza: sguardi severi, luci da seduta spiritica e telefoni spenti. Alla nouvelle cuisine domando cordialità
Sia lodata (per una volta) Milena Gabanelli che ha mostrato la nudità del re dell’alta cucina, della ristorazione stellata, dei locali dove non si mangia ma si degusta. Io al ristorante Aurora non ci sono mai andato nemmeno se da Sasso Marconi transito abbastanza spesso, perché il sito internet fa di tutto per respingere il cliente non masochista: i pranzi vengono chiamati percorsi, il cucinare viene definito processo, i telefoni si pretende siano silenziati (manco fossimo in chiesa!), le luci sembrano da seduta spiritica e i titolari esibiscono uno sguardo severissimo, annunciante punizioni. Non sto a discutere la quantità di cibo (risibile) contenuta nel piatto di cosiddetto benvenuto che la Gabanelli ha postato e criticato. Discuto la retorica della freddezza, il virtuosismo astratto, l’estetica obitoriale alla base di questi menù che infine, dopo mille schizzetti, il corpo magari lo saziano, lasciando però l’anima affamata. Non istigo alla guerra Michelin-TripAdvisor, non addito a modello le trattorie col montarozzo di maccheroni: domando cordialità.