Che la committenza di arte sacra sia sempre con Giovanni Gasparro
Il nostro massimo pittore sacro ha vinto una cattedra agognata da migliaia di colleghi. Ma ha capito che il professore avrebbe ucciso l'artista e si è licenziato
Il pittore Giovanni Gasparro ha preso sul serio il teologo Michael Novak, colui che ha esortato i giovani cristiani “a risvegliarsi di fronte ai pericoli crescenti dello statalismo. Essi serviranno meglio il Regno dei Cieli se ripristineranno la libertà nel settore privato piuttosto che lavorando alle dipendenze dello Stato”. Appena uscito dall’Accademia di belle arti di Roma, Gasparro fa, come tanti, domanda per insegnare. Non viene chiamato ma non rimane con le mani in mano: la grande fede e il non meno grande talento lo fanno presto diventare il nostro massimo pittore sacro (suo il più grande ciclo pittorico religioso realizzato in Italia negli ultimi anni, 18 pale d’altare nella chiesa di San Giuseppe Artigiano, L’Aquila). Di quella domanda si era quasi dimenticato quando recentemente gli viene assegnata la cattedra di Tecniche pittoriche all’Accademia di belle arti di Lecce. Per questo incarico altisonante, agognato da migliaia di colleghi, si reca nell’Atene delle Puglie e firma. Poi torna a casa, riflette, forse prega, capisce che il professore avrebbe ucciso il pittore (uso a dipingere tutto il giorno e tutti i giorni), forse ricorda il detto “chi sa fa, chi non sa insegna”, insomma nel giro di un mese torna a Lecce e, caso più unico che raro nell’Italia statalista, si licenzia. Dipingendo senza pause, senza distrazioni burocratiche, servirà meglio il Regno dei Cieli: che la committenza di arte sacra sia sempre con lui.