Così i giovani italiani tradiscono la cucina italiana
Sì agli insetti fritti, no alla lingua cotta: il patriottismo tra i fornelli ormai è morto
La lingua bollita no, il bruco fritto sì? La tavola è l’ultima ridotta del patriottismo ma è solo questione di tempo, di ricambio generazionale, e poi cucina regionale italiana ciao. Un’indagine Doxa piuttosto credibile rivela che oltre il 40 per cento degli italiani considera gli insetti un cibo del futuro e fra i giovani la percentuale ovviamente sale. Sono più o meno gli stessi giovani che storcerebbero il naso davanti alle cervella alla napoletana o alla lingua del bollito misto di tradizione padana, e sverrebbero davanti agli uccellini alla friulana o alle testine di agnello al forno già tipiche dell’Appennino centro-meridionale. Io non ho nulla contro l’entomofagia, San Giovanni Battista si cibava di locuste e uno degli animali più buoni che abbia mai mangiato è l’impressionante cicala greca. Ho tutto contro il ripudio della nostra civiltà alimentare, contro il conformismo di chi si adegua alle gastronomie africane e asiatiche perché sostenute dall’avanzata demografica ed economica, quindi culturale, dei rispettivi continenti. Senza economia e senza demografia una cultura diventa archeologia, senza carrello dei bolliti la Val Padana è solo un’espressione geografica: dunque domenica tutti a pranzo da Cocchi (Parma), Canossa (Reggio Emilia), Arnaldo (Rubiera), Damedeo (Modena), Carracci (Bologna), La Colonna (Rottofreno), Locanda Castelvecchio (Verona)...