Degas spiega perché i tagli ai musei sono giusti
"Lo stato non dovrebbe proteggere l'arte". Preghiera affinché le misure antistataliste in manovra siano confermate e magari estese anche alle accademie
Della tremenda manovra, a Edgar Degas sarebbero piaciuti i tagli ai musei di arte contemporanea. “Lo Stato e la sua burocrazia divennero il bersaglio del suo odio” scrive Daniel Halévy in “Degas parla” (Adelphi), libro che vede protagonista il grande pittore delle ballerine e dell’assenzio, artisticamente innovatore e politicamente conservatore. “In cima alla lista vi era la pretesa dello stato di proteggere le arti. Degas attaccava l’École des Beaux-Arts, e non senza ragione, se pensiamo che essa non aveva mai degnato della minima attenzione la meravigliosa pittura francese prodotta tra il 1850 e il 1890, oggi esposta nei musei di tutto il mondo. Lo stato maggiore del Prix de Rome sbarrava la strada a chiunque non venisse dall’École des Beaux-Arts, dove si impartiva un genere di insegnamento che finiva per traviare quegli stessi allievi che si pretendeva di istruire”. Prego dunque che non ci siano aggiustamenti post-manovra, che questi tagli involontariamente antistatalisti effettuati da un governo superstatalista vengano confermati e magari estesi alle accademie, nemiche dell’arte non accademica proprio come ai tempi di Degas (cambia nulla che oggi accademiche siano le installazioni multimediali anziché le tele mitologiche).